Respira aria di profondo benessere lo sport italiano in proiezione olimpica. L’ufficiale
erogatore ora è Sport e Salute che ha distribuito alle Federazioni un preventivo di
289 milioni per il 2024 con incremento percentuale del 5,8% rispetto alla stagione
precedente. Un tasso superiore all’indice inflazione che contribuisce in soldoni con
15 milioni supplementari. E dato che i contributi vengono attribuiti con una sorta di
valutazione bilanciata tra numero di tesserati e risultati secondo una complicata
revisione dei parametri, dal più o dal meno è possibile arguire una sorta di borsino
delle federazioni. Chi sale, chi scende, chi rimane stazionario. Tra gli enti più
premiati ne spiccano due, favorevolmente vincenti. L’atletica riscuote il premio per
le favolose cinque medaglie olimpiche 2021, un credito ancora esigibile con un
succoso + 16,8% seguita a ruota dalla pallavolo (+ 13,3). La perplessità generale del
Coni, che riguarda sia pure parzialmente il volley, è che negli sport di squadra l’Italia
è in ritardo nello strappare il pass olimpico. Ed è da questi gradienti che si misura il
livello competitivo di una nazione. Esami di riparazione sia pure tardivi urgono.
Seguono tennis, scherma, sport invernali e nuoto, tutti sopra la fascia di un + 10%. E
sono le discipline da cui si attendono congrue medaglie all’altezza di Parigi 2024. Ma
veniamo alle note negative con conseguenti grandi lamenti dei rispettivi presidenti
federali. Rugby, hockey e pallamano non si schiodano dai precedenti bilanci.
Ovviamente la palla ovale può bilanciare questo mancato avanzamento con i lauti
proventi derivanti dalla peraltro deficitaria partecipazione al Sei Nazioni. Per le altre
due federazioni è difficile rintracciare in tutta la storia partecipativa un risultato
degno di nota. E meno che mai un fiore all’occhiello con la partecipazione ai Giochi.
Dunque un criterio meritocratico è stato rispetto ed è già tanto visto lo spirito del
tempo.
DANIELE POTO
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