E’ Cambridge la città della nascita e della morte di Syd Barrett, il folle diamante dei Pink Floyd. Syd incarnava la genialità, l’eccezionale vivacità nell’inventiva e nella creatività nel mondo del rock. Con le sue stralunate filastrocche e le sue deliranti ma sublimi ballate acustiche Barrett ha caratterizzato non solo la prima incarnazione dei Pink Floyd, quella di The Piper At The Gates Of Down, ma l’intera psichedelia britannica degli anni sessanta.. Syd nei suoi viaggi strumentali di ricerca musicale evidenziava le allucinazioni del tempo, del suo tempo nei memorabili “sixties”. Barrett era pazzo, ma la sua follia, i suoi squilibri, l’evidente psicopatia prende il sopravvento dopo le sue straordinarie esperienze musicali. Syd finchè ha fatto musica con i Pink o da solo (The Madcap Laughs e Barrett) ha sempre sottomesso i suoi squilibri, le sue psicosi al disegno d’insieme, soprattutto nella costruzione dei brani. I suoi “viaggi”, le sue alterazioni hanno sempre trovato spazio nelle canzoni, a quel tempo spesso incomprensibili ai più per il rifiuto della linearità. I suoi scritti erano in apparenza fiabe malinconiche costruite su giri armonici semplici, elementari pronti però a nascondere deliri e paranoie nelle pieghe dei versi trasformati in musica psichedelica. Nessuno mai aveva percorso certe strade, nessuno riusciva ad avvicinarsi alle sue sonorità. Barrett nei periodi di “buona” e di relativa tranquillità sfornava capolavori, i primi capolavori prima di entrare definitivamente nel tunnel della follia, della alienazione mentale, dell’ingresso nei meandri della anormalità. Poi trenta anni di buio, di esilio volontario e poi la morte dopo una gran parte di vita disseminata di episodi “straordinari” molti veri, tutti verosimili, tanti fantasiosi. Syd è stato il fantasma del palcoscenico, lontano da tutti per più di trenta anni eppure sempre presente!!!

MAURO CEDRONE