Il presidente dell’INPS non è il Ministro del Lavoro

Le provocazioni di Boeri sono invasioni di campo

ROMA-La veemente polemica tra il presidente dell’Inps Tito Boeri e il Ministro degli Interni oltre che magna pars della Alleanza contrattuale di Governo Salvini ha un risvolto nel merito e un altro formale. Sul primo versante Boeri ha l’abitudine di alternare osservazioni giuste ad altre meno fondate. Ha rischiato già di essere defenestrato con Renzi che non lo ha allontanato prima della naturale conclusione di gestione solo per non crearsi un altro fronte “nemico”. Certo nessuno dei sedici milioni di pensionati italiani rimpiange come presidente dell’ente il collezionista di poltrone Mastrapasqua. Però Boeri ha l’aria di pensare sempre in grande e di espandere il proprio raggio di azione. E qui, scivolando sul formale, i suoi più recenti pronunciamenti sembrano più addirsi a un Ministro del Lavoro in carica che a un responsabile di un ente di previdenza. Certo Boeri sapeva di suscitare un polverone ricordando che i cinque milioni di stranieri regolari contribuiscono al 9% del PIL. E che senza di essi verrebbe meno un pilastro importante di incasso. Perché non ricordare anche che tanti di questi appartenenti alla legione straniera del mondo del lavoro, per le regole dell’INPS, alla pensione non riescono proprio ad approdarci per l’instabilità del mondo del lavoro e quel Piave minimo di contributi fissato a venti anni? Perché non evocare l’ingiustizia di questa regola e contribuire a cambiarla restituendo a chi ha versato tutto il capitale in quota che non si trasformerà mai in una pensione?  E poi è per caso compito di Boeri difendere la legittima revisione della Legge Fornero? La temperata rimodellatura nella “quota 100” può essere compensata nel bilancio dello Stato dalla cancellazione di altre voci a carico, come ad esempio i bonus renziani. Dunque l’adeguamento non sarebbe quel temuto collasso per l’economia. Solo il ritorno radicale al pre-Fornero costerebbe al bilancio statale 360 miliardi tra il 2018 in corso a regime e il lontano 2060. Ma l’evoluzione del provvedimento sarà ben più temperata. Gli sconfinamenti di Boeri dunque sono una vistosa contraddizione all’interno delle istituzioni statali.

 

DANIELE POTO