DANIELE POTO

ROMA – Una recente statistica della Banca d’Italia conferma gli italiani (non l’Italia) come uno dei popoli più ricchi del mondo. Dunque, se c’è diseguaglianza con cinque milioni di poveri assoluti e tre milioni in povertà relativa- come dire che un italiano su otto è in difficoltà- vuol dire che la forbice tra ricchezza e indigenza si è grandemente acuita, in conseguenza delle politiche neo-liberiste praticate dalle coalizioni di Governo che si sono succedute dal 1994 al 2017. Le famiglie italiane posseggono come attività finanziarie 4.407 miliardi a cui vanno aggiunto 4.632 di proprietà immobiliari e di vario genere facendo ascendere la ricchezza complessiva a più di novemila miliardi. Un bel contraltare al debito di Stato che ha superato i 2.300 miliardi. La ricchezza degli italiani è quattro volte superiore al debito. Cosa ci fa pensare questa sproporzione? Prima di tutto che l’Italia è too big for fail, troppo grande per fallire, e resisterebbe anche a un’eventuale uscita dalla zona Euro. In seconda battuta è che occorre recuperare ricchezza a favore dei poveri. Se non si vuole introdurre la famigerata patrimoniale, un ingrediente che fa perdere voti, bisognerebbe ricorrere alla progressività della tassazione sulle proprietà immobiliari. Se Hollande ha visto fallire il progetto di tassare i milionari francesi con un’aliquota del 70%, non si vede perché i proprietari di case debbano essere trattati alla stessa maniera. Una seconda casa viene tassata come la settantesima. Il sig. Rossi trattato come Armellini. Un borghese con la casa al mare come un’immobiliarista che vive di rendita solo per vendita e affitti di una grande quantità di appartamenti. Non occorre certo Keynes per capire quanta iniquità ci sia in questo trattamento. E sarebbe estremamente politico e giusto provvedere. L’anomalia è tutta italiana e già che ci siamo ne segnaliamo una seconda. Macroscopica. L’Italia è l’unico Paese che tassa i redditi da pensione come quelli da lavoro dipendente. Una colossale ingiustizia e stortura contro cui nessuno si batte. Neanche i rassegnati pensionati.