Che Alexander Zverev fosse il più baldanzoso della nouvelle vague del tennis mondiale (i next gen, come scrivono i bravi) lo si era capito da tempo. E in questa ottica la vittoria al Masters di Londra non può essere considerata una sorpresa al 100%; a 21 anni e 6 mesi il tedesco ( il terzo di tutti i tempi dopo il tris di Becker 1988-1992-1995 e Stich 1993) è diventato il settimo più giovane campione al Masters, il più giovane dell’ultimo decennio dal successo di Djokovic nel 2008. C’è da chiedersi se proprio il serbo, sconfitto in finale (ma vittorioso facilmente nel gironcino), gli abbia passato il testimone del predestinato, del capofila di quel ricambio generazionale che, nei tornei del Grande Slam, non giunge mai a dama, subendo scacco matto dai vecchietti del circuito, Nadal e Federer in testa. Per il momento Zverev è quarto in classifica, a soli 35 punti da Roger Federer terzo (6420 per lo svizzero contro i 6385 del tedesco), ad oltre mille da Nadal (7480 punti) e quasi tremila dal primo della classe, sempre Novak Djokovic (9045 punti). La preparazione invernale sarà fondamentale per sapere se il tedesco, agli Australian Open di metà gennaio 2019, sarà maturato del tutto, nel fisico come nei risultati e nella tenuta mentale. Se Djokovic ha vinto 35 delle ultime 38 partite vorrà pur dire qualcosa. Per noi che resta quello da battere anche per il 2019, vantando peraltro scontri diretti in attivo contro i mostri sacri Nadal e Federer ((27-25 contro Nadal, 25-22 contro Federer). Ad altri giocatori spetta il compito di smentire le statistiche.
Andrea Curti
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