di CRISTIANO SACCHI

Kim Simmonds e John O’ Leary, rispettivamente chitarrista e armonicista. E’ il 1965 quando i due ragazzi si incontrano casualmente nel Transat Imports Record Shop, il negozio di dischi londinese in Lisle Street, dove il giovane Kim passa quasi tutto il suo tempo. La comune passione per il Blues, è sufficiente a far sbocciare un’amicizia, che porterà O’ Leary ad organizzare una piccola jam session con Kim e suo fratello Harry Simmonds. Nessuno si aspettava nulla più di una semplice giornata di musica, ma Harry capisce che tra i due c’è qualcosa di magico e speciale, e li incoraggia a mettere in piedi una band. Il loro amore per il blues di Chicago è tutto dichiarato nel nome scelto. Savoy Brown Blues Band: Savoy infatti è il nome della storica etichetta discografica statunitense, mentre Brown, da quel giusto sapore americano al tutto. Ironia della sorte, sia Leo Manning alla batteria, che Bryce Portius alla voce, sono musicisti di colore, e tanto basta al gruppo per essere una delle prime blues band razzialmente miste sulla scena inglese. Siamo nel ’62, e la scena musicale di quegli anni in Inghilterra è sovraffollata. Il senso degli inglesi per il blues, è diventato qualcosa di più di un semplice apprezzamento, dopo averlo ascoltato, sentito, ora gli inglesi fanno sul serio: lo suonano. Per trovare un posto nelle scalette affollate dei locali del periodo, i ragazzi hanno subito un intuizione. Aprono da subito un loro blues club, il Kilroy’s. Il successo sempre crescente del locale e della band, attira l’ attenzione di Mike Vernon, produttore presso la Decca e coproprietario di varie etichette minori. Nell’agosto del ’66 con Vernon in veste di produttore, incidono i loro primi quattro brani per l’etichetta Purdah. Il primo singolo non verrà distribuito nei negozi, ma venduto solo tramite posta, mentre il secondo, addirittura verrà inserito nel catalogo senza essere pubblicato. Ma il vero salto di qualità della band arriva il 2 agosto del ’66, quando fanno da spalla al primo concerto dei Cream. Dopo questa apparizione, la lista degli ingaggi aumenta, e li porterà nei locali più famosi della scena inglese, come il Tiles Club, il Flamingo e il Marquee. Finalmente Vernon si fa ambasciatore del gruppo presso la Decca, e verso la metà di gennaio del ’67, dopo trenta ore di registrazione, la Savoy Brown Blues Band, da alle stampe il loro primo 33 giri, Shake Down. Il disco è una squisita collezione di classici blues rivisitati, suonati con amore, passione ed energia. Forti sono i richiami della band ai Cream di Eric Clapton e ai Bluesbrakers di John Mayall. Da segnalare, è il brano inedito, Doormhouse Rides the Rails, che inizia con un riff che rimanda ad un brano degli Iron Maiden, The Trooper, del 1983. Sarà una casualità ? Un piccolo “omaggio” dei Maiden ? L’ altro brano, Shake ‘Em on Down, è di sicuro il pezzo più potente, che termina con una improvvisazione in puro stile rock-psichedelico. Il loro periodo più florido è quello con la Decca, ovvero fino al 1970 al loro sesto album. Ne verranno altri, in tutto saranno quasi 40 album. La band si concederà anche al Hard Rock, allontanando il primigenio suond blues. Ma è con questo primo disco, Shake Down, che si ritagliano il loro spazio nella storia del British Blues. Il loro tallone d’ Achille sarà la forte instabilità interna alla band che li porterà a più di settanta cambi di formazione, ma inossidabile rimarrà la loro fedeltà al blues. A tutt’oggi rimangono la più longeva formazione blues di quel periodo, il loro ultimo disco con Kim Simmonds al comando è del 2009, e tocca a loro portare il pesante stendardo di prima vera blues band inglese.