Anche due calciatori, che hanno scritto pagine importanti del calcio romano e non solo, non hanno voluto perdersi la mostra “In Viaggio con la Storia del Calcio”, organizzata da Aics ad Ostia che resterà aperta al pubblico fino a domenica 27 gennaio.
Stefano Di Chiara e Stefano D’Aversa, due atleti che a cavallo fra gli anni ’70 e ’80 hanno vestito anche la maglia azzurra delle nazionali giovanili, cresciuti rispettivamente nella Lazio e nella Roma, entrambi residenti ad Ostia, sabato mattina, accompagnati dal giornalista Mauro Cedrone, si sono intrattenuti insieme diverse ore all’ interno nel Roma Litus Hostel dove è allestita l’esposizione di maglie, trofei e cimeli che ripercorrono la storia del calcio.
I due calciatori hanno firmato autografi e si sono concessi ai selfie dei numerosi visitatori presenti nelle sale della mostra e si sono a lungo intrattenuti con gli organizzatori Massimo Minicucci e Massimo Zibellini raccontando aneddoti e momenti importanti vissuti nel corso della loro lunghissima carriera.
Di Chiara, che ha giocato tra le altre, nella Lazio, nel Genoa, nel Cagliari, nella Spal e nella Cremonese, fece parte di quella nidiata della primavera biancoceleste della quale facevano parte anche Manfredonia, Giordano, Agostinelli e Montesi con i quali vince uno scudetto di categoria
D’Aversa è invece cresciuto nell’ Ostia Mare, prima di essere notato e tesserato dalla Roma società con la quale è diventato campione italiano primavera prima di consumare la sua carriera fra Vicenza, Piacenza, Pescara e Salernitana.
“Un esperienza bellissima, un tuffo nei ricordi del passato, e l’emozione di poter vedere da vicino le maglie di campioni come Pelè, Crujff, Falcao e Maradona, quelli che hanno fatto la storia del calcio Mondiale” ha detto Stefano Di Chiara.
“Sono felice che questa mostra sia stata organizzata proprio qui ad Ostia dove sono nato e cresciuto e da dove ho spiccato il volo nel calcio professionistico. Il calcio è uno scrigno di ricordi che vanno custoditi e mostrati ai più giovani”. Sono state le parole di uno Stefano D’Aversa visibilmente emozionato”.
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