Bisogna partire da un solo dato: 9 errori gratuiti in tre set di una finale Slam. Impressionante. Questo Australian Open ha restituito il miglior Djokovic, in grado di distruggere Nadal, non uno qualsiasi, tanto che lo spagnolo, ala sua 25a finale Slam, aveva vinto sempre almeno un set. Ma questa volta no. Il 15° Slam, il 7° in Oceania, conquistato dal tennista serbo (il terzo consecutivo dopo Wimbledon e US Open)  non solo consolida la sua leadership mondiale avendo 2600 punti in più di Nadal, ma ci dice che lo stesso può ambire a quel Grande Slam (il poker vincente di Melbourne, Parigi, Londra e New York) che ormai manca da troppo tempo: Steffi Graf, la Signora Agassi, è stata l’ultima nel femminile nel 1988, mentre il mancino Rod Laver è stato l’ultimo nel maschile nel 1969. Cioè 50 anni fa. Fosse la volta buona? Intanto i tanto decantati Next Gen, cioè Zverev, Tsitsipas, Krachanov, Medvedev, Thiem, ecc., quando si tratta di prove Slam non riescono a centrare la vittoria, e se negli ultimi 61 Slam 51 sono state le affermazioni del triunvirato Djokovic-Nadal-Federer, un motivo ci sarà.

Gli Australian Open hanno portato gioia anche nel tennis italiano: l’affermazione del giovane 16enne Musetti, che si divide tra La Spezia e il centro federale di Tirrenia, è una bella realtà che però nel corso degli anni, deve tradursi in un giocatore di livello per dare continuità ai risultati da junior. Non tutti ci sono riusciti, forse è quello il Trofeo più difficile da conquistare. La classifica ATP comunque sorride agli azzurri: ne abbiamo 5 nei primi 100, Fognini 15, Cecchinato 19, Seppi 37, Berrettini 53 e Fabbiano 85. Cui vanno aggiunti il giovane Sonego 113, il veterano Lorenzi 114 e Travaglia 123. E nel prossimo week-end Coppa Davis in India senza l’autorizzato Fognini: sull’erba di Calcutta non sarà una passeggiata.

Andrea Curti