I cinque anni di continuità di Governo vivono in queste ore il momento di maggiore tensione. La divaricazione delle opinioni nel merito su Tav, Venezuela, reddito di cittadinanza tra Movimento 5 Stelle e Lega sono acuite dal risultato elettorale abruzzese. Sull’altalena del gradimento i seguaci di Grillo intuiscono che è un momento delicato per la sopravvivenza stessa del Movimento, complice l’erosione di voti a sinistra che sono stati in parte recuperati dal Pd. Su questo versante l’elemento significativo è l’embrassons-nous di vari satelliti-sigle di centro sinistra che elidono l’icona e il valore essenziale del Pd. L’esempio di Legnini viene seguito da Zingaretti nel Lazio, una sora di furba precognizione per vincere le primarie del partito, svincolandosi da etichettature nefaste, primo fra tutti l’imprinting renziano. Il programma di Governo marcia lentamente tra divisioni e contrasti. La pubblicazione del rapporto costi-benefici sulla Tav ha innescato polemiche a oltranza. Proseguire o pagare una congrua penale? L’argomento è fortemente divisivo nella base dei due raggruppamenti. Come il distinguo da Maduro o i numerosi emendamenti presentati dalla Lega per il reddito di cittadinanza. In Italia è difficile legiferare e quando poi uno dei due partiti di Governo si frappone all’altro l’impasse diventa totale. Anche perché- ricordiamolo- a ogni provvedimento segue la scia lunga di decreti attuativi che possono essere emanati anche due anni dopo la promulgazione della legge. Di altri obiettivi del programma di Governo (la tax piatta per i privati) non si parla più con l’attualità politica strangolata ai contrasti e perfino dalle querele (tra cui quella ritirata da Salvini nei confronti del “grillino” Buffagni. L’Italia litigiosa che contesta la Francia sembra solo lo specchio interno di contraddizioni senza limiti. Come sarebbe andata la coalizione se al posto della Lega, con i voti di marzo, si fosse insediato il Pd, non è data saperlo. Quello che è certo che sarebbe stata tutta un’altra storia.
DANIELE POTO
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