Il più grande chitarrista sconosciuto al mondo. E’ questo il titolo di un documentario televisivo a lui dedicato nel 1968, che lo porterà a firmare, nel ’71, il suo primo contratto discografico con l’ etichetta Polydor. La fortuna non sarà sempre stata dalla sua parte, e sicuramente lui ci avrà messo del suo, ma il talento non gli è mai mancato. Il successo spesso non premia chi lo merita, e tanto meno lo fa con quegli artisti un’ po’ originali e totalmente fuori dal loro tempo; Roy Buchanan non aveva certo la presenza scenica della grande rockstar, ma aveva, originalità, fantasia ed un feeling unico con la sua chitarra. Alcune sue tecniche chitarristiche come il pinch harmonic, hanno ispirato intere generazioni di musicisti, a tal punto da essere inserito dalla rivista Rolling Stone al 57esimo posto tra i migliori 100 chitarristi al mondo. Nato ad Ozark, piccolo capoluogo della contea di Frankiln nello stato del Arkansas il 23 settembre 1939, inizia già a sette anni ad appassionarsi alla chitarra, a soli quindici anni suona nella band di Johnny Otis, e a diciannove è negli studi della Chess Records per incidere un disco di Dale Hawkins. A vent’anni Roy è qualcosa di più di una semplice promessa della chitarra, è già uno dei più abili chitarristi in circolazione, che aspettava solo di essere scoperto. Nei primi anni settanta inizia la sua carriera discografica, fatta di alti e bassi a causa sopratutto dei suoi problemi personali con l’alcol e le droghe. La Polydor vorrebbe fare di lui una rockstar, ma Buchanan non piace per niente l’idea, altrimenti non avrebbe detto no a Eric Clapton e ai Rolling Stones, così nel ’81 lascia la sua vecchia etichetta e firma per la Alligator, un etichetta creata da appassionati per appassionati. Nel 1985, esce quindi When A Guitar Plays The Blues, ed è il primo disco di cui rimarrà veramente soddisfatto, in quanto sarà presente i tutte le fasi della realizzazione del album, e a suo dire “è semplicemente il miglior disco di blues che abbia mai fatto”. La title track When A Guitar Plays The Blues apre l’album, e Roy suona l’intro giocando con il volume della chitarra donandole un sapore bachiano, ma quando la band entra, il brano si rivela uno slow blues dalla chitarra affilata ed una voce rilassata, completamente a suo agio. Chicago Smokeshop è un fantastico funky-blues, dove il chitarrista da sfogo a tutto il suo talento e al suo virtuosismo, Mrs. Pressure è un piccolo omaggio strumentale alla sua insegnante, la signora Presher, mentre A Nickel And A Nail, cover di un brano di Van Morrison sembra un cantato accorato nello stile di B.B King. Il lato B si apre con Short Fuse, un accattivante rock-blues strumentale, dove chitarra e sax rendono il brano irresistibile. Davvero difficile non battere il piede per tutta la durata del pezzo! Why Don’t You Want Me? è un altro slow blues dove il chitarrista si diverte a scegliere con gusto le note che servono da cornice alla voce di Gloria Hardiman, Country Boy è un blues vecchio stile nelle battute e nel cantato, ma con una forza tutta nuova e personale. Sneaking Godzilla Through The Alley, sembra essere la colonna sonora di un film d’azione, con quel suo ostinato dissonante e le intuizioni da virtuoso di Buchanan che rendono il brano carico di pathos e suspence. Hawaiin Punch, brano che chiude il disco, lo vede per la prima volta alla chitarra slide, suo primo amore infantile. E’ solo una chitarra che suona il blues, ma il blues suonato da Roy Buchanan non conosce limiti, ed è davvero tanta roba per uno con una tecnica ned un inventiva come la sua.
CRISTIANO SACCHI
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