Nibali e Roglic hanno perso il Giro d’Italia per una distrazione. Carapaz ha guadagnato tutto il proprio vantaggio da outsider, in una fuga sottovalutata in un Giro d’Italia dai valori livellati e senza un preciso dominatore. Nibali a 34 anni e mezzo ha gareggiato con regolarità ma senza l’acuto. Con quell’anagrafe non è più un Froome ma neanche un Hinault, un Indurain, un Wiggins, capace di staccare gli avversari sulle alte quote. In altre parole non ci ha fatto sognare mentre la Movistar ha fatto la parte del disciolto team Sky dominando la corsa con il regista occulto Landa e con abili pedoni come Amador e Carretero. Un Giro della Rcs Gazzetta dello Sport pubblicizzato oltre i propri meriti con la cancellazione all’ultim’ora del Gavia e il vantaggio di una copertura televisiva totale, dal primo all’ultimo minuto delle tappe. Con momenti decisamente sonnacchiosi perché- diciamolo chiaramente- il Giro d’Italia non vale per difficoltà il Tour de France e i distacchi minimi sul podio lo stanno a testimoniare. Il copione a volte è stato ripetitivo. Carneadi in fuga con il gruppo che vivacchiava e lasciava prendere minuti di distacco. A volte rinvenendo, a volte no. Se scorrete l’elenco dei vincitori di tappa potete accorgervi che i nomi di prestigio sono ben pochi. Qualche lieta novità in casa Italia per i progressi di Masnada, Conti, Ciccone, Carboni. Ma con la forte delusione di un Viviani talmente battuto nelle tappe per velocisti da abbandonare la gara prima delle grandi ascese. Mancavano all’appello i Trentin e i Moscon mentre Formolo ha rivelato di non essere ancora un potenziale campione con la “cotta” finale che lo ha escluso dal novero dei primi dieci. Ora il Tour promette di essere ben poco italiano. Nibali ha annunciato un profilo decisamente basso, quasi da anticipato ritiro, dichiarando di voler lottare per il trofeo di migliore scalatore, come un Ciccone qualsiasi. Non giureremmo sul fatto che riuscirà a portare a termine l’impegno visto lo stress a cui si è sottoposto al Giro.  

 

DANIELE POTO