Poteva e doveva finire meglio, magari non con una vittoria ma di certo non con un passivo così pesante; il 49-3 inflitto dal Sudafrica all’Italia è il risultato di una serie di errori del XV italiano. Che è stato in partita per 43 minuti prima di venir demolita dagli Springboks. Primo: scelte tecniche di campo errate. Si doveva calciare tra i pali invece di cercare la touche, si aveva di fronte il Sudafrica non la Russia, per cui dimezzare lo svantaggio da 3-17 a 9-17 avrebbe fatto comodo per il morale della squadra e per mettere sotto pressione gli avversari. Persino i sudafricani sono andati per i pali nel momento di loro maggior difficoltà, questa superbia di sentirsi vincenti come si fosse la prima squadra del mondo rende l’Italia si più spavalda ma più debole nel risultato finale (tre miseri punti alla fine).  Bisogna fare punti non chiacchiere. Secondo: l’arbitro fischia una punizione in favore degli azzurri (che in precedenza con l’ottimo Steyn potevano far meta se ci fosse stato uno straccio di sostegno) e Lovotti, a gioco fermo, alza e scaraventa in terra un avversario. Una ingenuità che di fatto pone fine ai giochi, costringendo l’Italia a disputare tutto il secondo tempo con un uomo in meno, vantaggio che non si può regalare a Tonga, figurarsi al Sudafrica. Dall’espulsione definitiva in poi gli azzurri verranno sommersi dalle folate degli Springboks: un calcio e sette mete. Peggio di così… Il mondiale dell’Italrugby è finito al 99,09% con l’obiettivo minimo raggiunto (qualificazione ai prossimi mondiali del 2023) mentre lo 0,01% è per la matematica perché per raggiungere i quarti di finale il XV di O’Shea dovrà battere sabato prossimo la Nuova Zelanda, i mitici All Blacks, peraltro nemmeno con la formazione tipo, visto che tra squalifiche ed infortuni il cittì degli azzurri dovrà schierare una squadra inedita. Le mani nei capelli del (sostituito) capitan Parisse valgono più di ogni altro commento.

Andrea Curti