di CRISTIANO SACCHI 

T-Bone Walker: la prima lead guitar elettrica del blues, il cantautore del nuovo blues urbano con contaminazioni jazz. E’ uno di quei musicisti che hanno fatto la storia e quando è arrivato lui in scena il blues ha girato pagina e poi sarebbe diventato rock and roll. Aaron Thibeaux Walker nasce a Linden, un sobborgo di Dallas, nel 1910. A casa di Aaron il blues è di casa: sua madre Movelia Jimerson è una brava chitarrista. Quando il padre di T-Bone, Rance Walker, vuole mettere in piedi una fattoria, Movelia pensa che la vita di campagna non sia per lei e porta il figlio in città. Il suo secondo compagno, Marco Washington, è un polistrumentista della Dallas String Band. Quando il patrigno suona per la strada con i suoi gruppi, T-Bone raccoglie le mance o si esibisce ballando, ma per diventare un vero bluesman ci vuole uno strumento: per questo si costruisce una chitarra con il legno di una scatola di sigari. La sua prima “tourneè”, è il medicine show del dottor Breeding. A quindici anni, si innamora di una ragazza, Dorothy, che si esibiva nella compagnia di Ida Cox, così dopo poco tempo fu ingaggiato anche a suonare il banjo. A diciannove anni la Columbia lo scrittura per un 78 giri, ma ci vorranno altri dieci anni per rivederlo in uno studio di registrazione. La sua leggenda, però, nasce in California, quando nel ‘39 un popolare band leader di Los Angeles lo ingaggia come cantante per la sua Cotton Club Orchestra. Siamo nel 1930 e Charlie Christian sta esaltando il ruolo della chitarra nel jazz, T-Bone è pronto a rilanciare la sfida: i suoi lunghi fraseggi di singole note ispirate dalle parti soliste degli ottoni, iniziano a dettare le coordinate di quello che sarà il blues moderno del Dopoguerra. Dal 1945 al 1955, la carriera di T-Bone gira sempre a 78 giri, ma è nel 1959 che finalmente il 33 giri farà la sua prima apparizione nella sua vita discografica. T-Bone Blues è frutto di tre differenti sessions con musicisti diversi: il lato A si apre con Two Bones and a Pick è uno jump blues che apre le danze agli ascoltatori: energico e trascinante. Si prosegue con Mean Old World, sapore jazz/blues amaro, il tutto, finemente cucito dalla sua voce, T-Bone Blues è il terzo brano, il suo cavallo di battaglia, il suo marchio di fabbrica, quel “T-Bone Shuffle” che lo ha reso popolare e leggendario. Stormy Monday è un vero capolavoro: un blues in stile West Coast, una terza via rispetto al country blues. Il lato si chiude con Blues for Marili, uno slow shuffle con un grande assolo di chitarra. T-Bone Blues apre il lato B, è una altro capolavoro, un classico del suo repertorio, Shufflin’ the Blues invece anticipa tutto quello che il rock’n’roll saprà regalare al mondo. Evenin’ è un brano lento che smorza la vivacità dei primi due, Play On Little Girl è molto vicina alle sonorità del Chicago blues, mentre in Blues Rock entra in scena l’armonica di Junior Wells che mette in ombra, solo per questo brano, T-Bone. Papa Ain’t Salty, è uno shuffle gioioso ed energico che chiude l’album. T-Bone Blues, è il disco definitivo che raccoglie il meglio della sua carriera. Negli anni ‘60, quando il blues tornerà in auge, T-Bone non godrà del successo che avrebbe meritato. Nel 1975, una polmonite se lo porterà via a soli sessantacinque anni.