di CRISTIANO SACCHI

Robert Cray, classe ’53, nato quando Muddy Waters già incideva per la Chess, è uno che il Delta l’avrà forse visitato ma non vissuto, che ha scoperto la musica con i Beatles e Jimi Hendrix e che però ti fa vedere il blues, quello vero, anche se in una nuova veste. Non è il blues per duri e crudi, né per chi è affezionato a una formula sempre uguale, ma è qualcosa di solido e ricercato che si adatta ai suoi tempi, e che non disdegna accenti soul.
Nato il 1° agosto 1953 a Columbus, in Ohio, ma siccome il padre è un militare, la famiglia si sposta di continuo. In una infanzia così nomade, la musica è uno dei pochi punti di riferimento: “Era la mia unica amica, quella che mi ha salvato. I miei genitori avevano una bella collezione di dischi e in casa mia si ascoltava sempre musica  jazz, gospel, rhythm and blues. Quegli album mi hanno aiutato a sopportare tutti quegli spostamenti. Avrò avuto dieci anni o undici anni quando ho visto i Beatles in televisione, all’Ed Sullivan Show. Io e i miei amici ci siamo tutti entusiasmati e presi dall’euforia abbiamo convinto i nostri genitori a comprarci delle chitarre. Ero un grande fan dei Beatles. Come tutti a quei tempi sono andato a vedere A Hard Day’s Night e volevo essere uno di loro”. A sedici anni, l’incontro con il blues è un colpo di fulmine: “Nel 1968 un nostro amico ci ha fatto ascoltare i dischi di Howlin’ Wolf e Buddy Guy e da allora è cambiato tutto per me, e per tutti gli altri.”
Il nucleo originale della Robert Cray Band nasce a metà degli anni ’70. Nel 1976, dopo aver suonato per quattro sere in un club di Eugene, il proprietario gli fa sapere che sarebbe venuto a suonare Albert Collins, ma non aveva un gruppo che lo accompagnasse, i ragazzi prendono al volo l’occasione e diverranno per un anno e mezzo la sua backing band. Nel 1978, al San Francisco Blues Festival, Robert impressiona il produttore Bruce Bromberg che lavora per la Tomato Records. La Tomato registra l’album, ma ci mette due anni a pubblicarlo e poco dopo chiude i battenti. Dopo il no della Alligator, Bromberg fonda la High Tone apposta per pubblicare “Bad Influence” del 1983, e il disco fa capolino nelle classifiche. Nel 1985, “False Accusation”, impone ancora di più il talento di Cray, e arriva così l’interesse di una major: la Mercury.
Strong Persuader è la prima creatura del nuovo corso, e il risultato va oltre le più rosee aspettative.
Il disco si apre con Smoking Gun, esempio perfetto di blues che si contamina con la forma della canzone pop e con un trascinante tappeto  ritmico funky, mentre il secondo brano I Guess I Showed Her è un r&b frizzante con i fiati stile James Brown e il sound di Albert Collins. Right Next Door (Bacause of Me) è un pezzo morbido e scorrevole, dal sound figlio del suo tempo: basso rotondo, chop funky di chitarra. Nothin’ But A Woman è un ottimo blues funkeggiante, mentre Still Around chiude il lato A.
More Than I Can Stand apre il lato B, dal sound molto Police, sfoggia un ritornello irresistibile, mentre Four Play mette in evidenza tutto il talento e la bravura della band. I Wonder è un vero e autentico slow blues, dove rende omaggio ai suoi idoli: Howlin’ Wolf su tutti. Fantasized è di sicuro il brano più pop del disco che si chiude con New Blood, altro slow blues dove Robert forza il suo timbro da soul man gentile.
Robert Cary, grande innovatore del genere, dimostra ancora una volta che si più scrivere blues per il proprio tempo, senza cadere nello scontato e nel retorico.