A 36 anni Alessandro Zanni ha deciso di ritirarsi. Il seconda e terza linea friulano che è diventato una leggenda biancoverde disputando dal 2009 ad oggi 136 presenze in maglia Benetton Rugby, condite da 11 mete. Nel suo curriculum anche 119 caps in maglia azzurra, per un flanker e un seconda linea tra i migliori in tutta Europa negli ultimi 15 anni. Zanni detiene la memoria storica dell’esperienza dei Leoni nella lega celtica, dato che faceva parte del XV titolare del Benetton Rugby che a Monigo il 4 settembre 2010 ha debuttato nell’allora Magners League. Una continuità di rendimento pazzesca ha caratterizzato le prestazioni di Zanni nell’ultimo decennio, lui che ha anche posseduto i galloni di capitano dei biancoverdi nella stagione 2015/2016 e nell’annata 2016/2017 coadiuvato da Alberto Sgarbi. Ora Zanni entrerà a far parte dello staff dei preparatori fisici della prima squadra ricoprendo il ruolo di assistente mentre avrà i gradi di preparatore fisico anche nelle giovanili biancoverdi.
Alla fine è arrivato il momento di appendere gli scarpini al chiodo. Supponiamo sia stata una decisione difficile…
« Sicuramente quando una carriera finisce è un momento molto duro e difficile perché ti rendi conto che la più grande passione che hai, che è praticare il rugby, dall’oggi al domani non ci sarà più. Io ho iniziato a giocare a rugby nel 1991, sono passati un bel po’ di anni. Pensare da un giorno all’altro di non poter più scendere in campo con i compagni a praticare lo sport che amo è sicuramente una sensazione che mi mette in difficoltà, però l’età avanza ed è giusto fare una scelta per poi proseguire nella propria vita senza questo aspetto che è il rugby».
Lei è arrivato al Benetton Rugby nel 2009, a 25 anni. In biancoverde ha vissuto più di dieci anni di carriera. Come sono stati dagli inizi fino ad oggi?
« Sono arrivato al Benetton Rugby nel 2009 con altri compagni da Calvisano. Il primo anno abbiamo subito vinto lo Scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa. È stata una sensazione incredibile perché arrivare in un ambiente nuovo con una tradizione importante come quella del Benetton Rugby è stato sicuramente bello. Sono stati undici anni incredibili, in cui ci sono stati momenti positivi, momenti negativi in cui la squadra si è trovata in difficoltà e i risultati non arrivavano. Però credo che le sensazioni che mi ha lasciato il campo e tutte le partite che ho affrontato insieme ai miei attuali e vecchi compagni mi hanno fatto crescere come persona e mi lasceranno qualcosa dentro per tutto il resto della mia vita».
Quali sono le sensazioni più belle attraversate?
« Momenti belli in questi undici anni ce ne sono tanti. Sicuramente la vittoria dello Scudetto contro Viadana a Padova nel 2010, la prima vittoria in Celtic League contro gli Scarlets, era anche la nostra prima partita in questa competizione e fu qualcosa di speciale. Arrivavamo all’appuntamento non sapendo bene cosa ci aspettasse perché venivamo dal Top10 che non era qualitativamente paragonabile a quello che poi avremmo dovuto affrontare. Eravamo con la voglia di giocare, ma anche ansiosi di vedere a che livello saremmo stati. Credo che quella vittoria ci abbia dato molta fiducia perché da lì, quell’anno, soprattutto in casa, facemmo delle grandi partite. Altri momenti splendidi ce ne sono tanti. La vittoria col Perpignan in Heineken Cup, allora erano i campioni in carica. La vittoria contro Leinster di due anni fa è stata la prima vittoria di una franchigia italiana sul loro campo. Anche l’accesso ai playoff dell’anno scorso è stato un qualcosa di storico. Forse solo noi dello staff e del gruppo di giocatori ci speravamo a inizio anno, però magari i tifosi e gli addetti ai lavori non si aspettavano questo exploit. Arrivare a un obiettivo che ci eravamo prefissati, competere al massimo fino alla partita contro Munster è stato qualcosa di straordinario».
Lei è una leggenda anche per l’Italrugby, avendo registrato oltre 100 caps in nazionale.
« Ho fatto 119 presenze con la maglia della nazionale italiana, altro traguardo importante. Se ripenso al mio primo cap a Prato contro Tonga, all’epoca non avrei mai pensato di poter raggiungere un simile traguardo. La maglia della nazionale è il sogno di ogni giocatore che vive per il rugby, di ogni ragazzino, da quando hai 10 anni fino a quando esordisci in prima squadra. Il fatto di averla potuta indossare con così tanta continuità è un motivo di orgoglio. Ho trascorso momenti bellissimi che porterò per sempre dentro, la vittoria contro la Francia nel Sei Nazioni, la vittoria contro l’Irlanda, il mio primo cap e ovviamente anche dei momenti negativi. Però tutto questo è un bagaglio importante che mi servirà nel prosieguo della mia carriera».
La partita che non dimenticherà mai?
« Una partita che ricordo con piacere e gioia è stata quella contro Connacht nel 2016 perché col Benetton abbiamo vinto all’ultimo minuto con un calcio di Jayden Hayward da quasi centrocampo e li abbiamo sorpassati praticamente a tempo scaduto. La ricordo perché venivamo da un bruttissimo periodo in cui avevamo subito delle sconfitte in successione e quella partita fu una sorta di liberazione. A fine gara vedere la gioia dei compagni di squadra, contenti di aver ottenuto un risultato, festeggiare dopo aver sofferto così tanto e dopo così tante sconfitte fu qualcosa di veramente liberatorio».
Adesso si prospetta la carriera da preparatore fisico del Benetton Rugby…
« Dall’anno prossimo inizierò una nuova avventura con lo staff dei preparatori del Benetton Rugby. Sono molto contento di questa opportunità perché è un ambiente in cui da questo punto di vista posso crescere molto. Lavorerò con persone competenti e che sono di livello internazionale, quindi sono ansioso di iniziare e di dare una mano, dare il mio contributo il più possibile. Ormai la preparazione atletica nel rugby è un qualcosa di fondamentale che va curato nei minimi dettagli, c’è molta attenzione da questo punto di vista perché il rugby è uno sport sempre più in evoluzione e da un punto di vista fisico richiede che i giocatori siano preparati al 100% sul campo, al massimo del loro potenziale fisico. È un’avventura, una scommessa ma sono pronto ad affrontarla con entusiasmo perché è un qualcosa che mi piace e che mi ha sempre affascinato nel periodo in cui ero giocatore».
La Redazione