di ANDREA CURTI

Fare delle considerazioni, dopo un Roland Garros così generoso in termini di risultati, è doveroso nei confronti del tennis italiano. Tra gli uomini abbiamo 9 giocatori nei primi 103 del mondo e altri due giovanotti di belle speranze pronti al grande salto. Paradossalmente chi sta avendo maggiori difficoltà in questa “stagione Covid” 2020 sono proprio i giocatori di punta della nostra nazionale, ovvero il romano Berrettini e il ligure Fognini. Berrettini in classifica ha perso una posizione, ora è 9, ma a preoccuparci non è tanto il ranking quanto il fatto di non essere riuscito a sfruttare grosse occasioni, come a Roma contro il norvegese Ruud (poteva essere una storica semifinale) e proprio a Parigi contro il qualificato Altmaier, addirittura 186 del mondo. Entrambi i match si sono disputati sul rosso, segno che il 24enne tennista capitolino soffre senz’altro le superfici meno veloci specie quando il servizio e il diritto non fanno breccia ed è costretto al palleggio da fondo campo. Certo è che si ha l’impressione che la sua maturazione non sia ancora completa e avverrà quando batterà sistematicamente giocatori di classifica inferiore giocandosela con quelli di rango più elevato. Fognini è un discorso a parte: a 33 anni e con due caviglie appena operate non ci si poteva aspettare una ripresa più rapida a certi livelli. L’incognita per il suo futuro è grande anche perché giustamente non ama vivacchiare a centro classifica, vuole sempre il massimo e negli occhi il successo di Montecarlo dimostra che, se in condizioni fisiche buone, il ragazzo ligure può ancora dare tanto al tennis italiano. In realtà il Roland Garros ci ha consegnato cinque best-ranking, 4 nel maschile e 1 nel femminile. Il piemontese Sonego, con un +4, è ora 42 del mondo a 25 anni e gli ottavi raggiunti per la prima volta sotto la Tour Eiffel, testimoniano che non è solo giocatore da rapido o da erba ma che può competere anche con i terribili pallettari che si incontrano sulla terra. Dalla sua parte c’è senz’altro una varietà di gioco che si addice solo a chi sa anche attaccare e smashare, fare stop-volley o volèe in contropiede. C’è poi Bimbo Sinner che con i quarti (persi contro quel mostro di Nadal) è salito al numero 46, registrando un confortante +29, ben oltre i mille punti all’attivo. Il 19enne allievo di Piatti è proprio il prototipo del tennista moderno, tutto servizio e diritto vincente, alla Berrettini per intenderci, ma la speranza è che il suo gioco non resti ancorato a questi due colpi (anche tre, considerando il rovescio bimane) ma si evolva, magari a scapito della potenza per una intelligenza tattica maggiore. E meno braccino nei momenti in cui deve chiudere il set o l’incontro, come nel secondo set contro Tsitsipas a Roma o contro Nadal nel primo set (6-5 e servizio) e nel secondo (3-2 e servizio). Gli manca esperienza d’accordo ma ricordiamo sempre che alla sua età i veri fenomeni avevano in bacheca almeno uno Slam. Zitto zitto al numero 70 è arrivato anche l’ascolano Travaglia, 28 anni, allenato da quel Vagnozzi che con Cecchinato si era issato al numero 16 dell’ATP. Francamente non crediamo (pur augurandoglielo) che Travaglia possa mai giungere così in alto però i progressi nel palleggio e nell’aggressività del tennista marchigiano sono sotto gli occhi di tutti. A proposito di aggressività: il siciliano Caruso, terzo turno agli US Open e finalista al challenger di Parma, ha fatto vedere di che pasta è fatto, ora è 77 (+8) e per batterlo non basta il sudore di una partita, bisogna usare il cervello, non farlo ragionare. Perché se ragiona sono dolori, grande testa e grande fisico, con peraltro buoni fondamentali e un discreto gioco di volo. A seguire l’altro ligure Mager, 91, per la verità ancorato a quella finale di Rio de Janeiro dello scorso febbraio (in cui battè addirittura l’allora 4 Thiem, ultimo vincitore agli Us Open); poi il lockdown nel suo momento migliore in carriera, e sei primi turni e un secondo turno che gli hanno fatto capire quanto sia diverso il mondo challenger dagli Slam e in generale dal “tennis che conta”. Nonostante l’esperienza non manchi al 36enne Seppi, sceso al 102, anch’egli accusa come Mager una faticosa ripresa post-covid; probabilmente, dopo la finale in febbraio a New York, Seppi ha incamerato cinque primi turni, tre dei quali figli del passaggio sulla terra rossa, superficie poco congeniale per chi, come l’altoatesino, gioca spesso di anticipo e controbalzo. Invece è incoraggiante il numero 103 del palermitano Cecchinato che pare essere uscito lentamente dalla crisi di sconfitte che lo aveva attanagliato nell’ultimo anno e mezzo circa. Il cambio di coach, Sartori, sta giovando per ridare ordine e smalto ad un gioco che ha nella pallacorta il suo fiore all’occhiello, nel diritto a sventaglio e nel rovescio ad una mano in top armi letali, nel servizio ad uscire una soluzione ottima per aprirsi il campo. Insomma, stiamo rivedendo il primo Ceck, quello concentrato e tosto dei bei tempi. E poi, un pochino più indietro, c’è l’altro bimbo del tennis azzurro, il 18enne Musetti, ora 143 del mondo, che sta prendendo scalpi sempre più eccellenti (Nishikori, Wawrinka, Seppi, Cuevas, Monteiro, Tiafoe, ecc.) e il primo trofeo, il challenger di Forlì. Nel femminile l’impresa di “Iena” Trevisan è stata incredibile perché questa ragazza, sparita all’improvviso per affari personali, ha poi deciso di riprendere la racchetta e lo ha fatto col sorriso e la convinzione nei suoi mezzi che l’hanno portata al best-ranking (il quinto nazionale) di 83, +76 dopo i quarti di Parigi. E’ una bella ventata di entusiasmo per il tennis femminile nostrano che sconta da una parte un ricambio generazionale difficile dopo tutti  i successi delle varie Schiavone, Pennetta, Vinci, dall’altra la cronica alternanza bene i maschi – male le donne e viceversa. Non ricordiamo periodi in cui il settore maschile fosse al livello di quello femminile o appunto il contrario, si vede che in Italia è una alternanza genetica. Fatto sta che ora abbiamo tre giocatrici nelle prime 100 e cinque nelle prime 137, con Trevisan, Paolini (95) e Cocciaretto (131) che possono ancora migliorare la propria classifica, per giovane età e per potenzialità tecniche, e altre ragazze che posso riemergere, come Deborah Chiesa, falcidiata dagli infortuni ma in grado di giocare un buon tennis. La aspettiamo. O meglio, è il tennis italiano che la aspetta.