Un piccolo manuale di via quotidiana, un diario dissacrante di pensieri
controcorrente. Daniele Poto ha riassunto il meglio del proprio spirito attuale, nei
mesi costrittivi del coronavirus, scrivendo “Stroncature” (Perrone editore, collezione
L’Erudita, 184 pagina, 14 euro), un pamphlet contro il buonismo e il politicamente
corretto, contro l’ipocrisia del luogo comune e le strettoie del pensiero collettivo.
Divagando nell’attualità giornalistica, attraverso circa quaranta capitoli tellurici,
l’autore dissacra grandi e piccole manie dei nostri tempi. Politica, costume, cultura
sono i territori delle scorribande anticonformiste sulle orme, in un altro secolo e in
un altro millennio dei furori di un grande polemista- Giovanni Papini- che scrisse un
libro con analogo titolo attaccando forsennatamente alcuni dei più noti intellettuali
in auge nel suo tempo (da Kant a Benedetto Croce). Qui i bersagli sono
l’imborghesimento dei sindacati, l’esangue ispirazione delle sceneggiature del
cinema italiano, l’insensata moda degli applausi ai funerali, lo strano concetto di
democrazia dell’America che era di Trump, l’effetto Mediaset come specchio di
corruzione della socialità. Con una meditazione amara e autocritica: “I buoni siamo
noi, i cattivi sono sempre gli altri”. Nel mirino anche la sinistra parolaia e firma-
manifesti che si è arenata nella vana ricerca del cambiamento, i fumosi “comunisti
col rolex”. Un testo liberatorio per uscire dai compromessi e andare
coraggiosamente verso un futuro reale senza menzogne e infingimenti. Con l’idea di
fondo che i libri possano avere come obiettivo ambizioso una prospettiva di
redenzione esistenziale. Del resto in un Paese in cui il 54% degli abitanti non legge
un solo volume in un anno che altre speranze si possono nutrire se non riporre
aspettative sull’universo minoritario dei lettori forti?
MANLIO PESCI