Era dal 1988 (Firenze, terra rossa, Narducci contro Claudio Panatta) che in una finale di un torneo ATP non arrivavano due italiani, la prima della storia sul cemento: sulla Great Ocean Road di Melbourne, a contendersi il titolo, sono giunti il predestinato Sinner e il resuscitato Travaglia. I due ovviamente hanno storie diverse. L’altoatesino Sinner, scuola Piatti, 19 anni, è già tra i primi 30 del mondo in virtù di un anno, quello del Covid, che gli ha dato molte soddisfazioni e scalpi eccellenti in bacheca, come quello di Tsitsipas (6 del mondo), Zverev (7), Goffin (13), Khachanov (20), De Minaur (25). La pressione che ha addosso questo ragazzo è tale che in Australia si è allenato con Nadal (c’è chi sostiene che lo abbia voluto lo spagnolo come sparring partner…), segno che anche i grandi della racchetta credono in lui. I margini di miglioramento sono tanti ma già il fatto che al torneo 250 australiano abbia vinto quattro tie-break su quattro significa che sta sul pezzo, che è determinato verso l’obiettivo. Che, visto così, sempre l’entrata nella top-ten. Diverso invece il discorso per Travaglia, 29 anni da Ascoli Piceno, un passato condito da un grosso infortunio che poteva far smettere la sua carriera anzitempo. Invece la determinazione tutta marchigiana del ragazzo ha fatto sì che spingesse sull’acceleratore e che cambiasse coach affidandosi a quel Vagnozzi che ha portato Cecchinato nel 2018 al numero 16 del mondo. Travaglia è meno tecnico del Ceck ma intanto farà il best-ranking avvicinandosi ai primi sessanta giocatori del mondo, un traguardo impensabile un anno e mezzo fa. Vinca il migliore dunque. Sinner è stra-favorito ma è una finale per cui tutto può accadere: Travaglia è rapido e veloce, non ha la stessa velocità di palla di Sinner ma forse ha maggior atletismo.

Andrea Curti