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La prima giornata degli Australian Open ha allineato i tabelloni al secondo turno e, su 14 azzurri presenti, soltanto in 6 hanno passato il primo ostacolo, 4 uomini (su 9) e 2 donne (su 5). Berrettini, 10 del mondo, ha lottato quasi due ore e mezza prima di venire a capo del sudafricano Anderson, uno rientrato da poco nel circuito dopo gravi infortuni che ne hanno compromesso la scalata alle vette altissime della classifica. Il tennista romano ha sofferto molto nella prima frazione di gioco, annullando al suo avversario ben 6 set-point, 3 sul proprio servizio nel decimo gioco e altrettanti nel tie-break, quando il sudafricano si è trovato avanti per 6 punti a 3 prima di soccombere 9-11. Ora per Berrettini, cui auguriamo di incontrarci a fine anno a Torino per le ATP Finals, c’è il qualificato ceco Machat, numero 199, proveniente dalle qualificazioni; sulla carta non c’è match ma il tennista romani soffre i qualificati, come testimonia la scoppola presa al Roland Garros da tale Altmaier. Sicuramente avremo però un azzurro al terzo turno, dato che è in programma lo scontro Fognini-Caruso, un derby particolare tra due giocatori molto diversi. Fognini, ora 17, è stato nella top-ten, poi durante il lockdown si è operato ad entrambe le caviglie e ha chiuso un orrendo 2020 perdendo un po’ ovunque. Ha cambiato tre coach in due anni, Davin, Barazzutti e infine Mancini, e si spera che l’avvicendamento porti i frutti sperati. A Melbourne ha vinto con autorità contro PierUghetto Humbert non concedendo alcunché al transalpino, che non è avversario facile sul veloce, consolidando il 17 sul pettorale della classifica, e dando continuità al suo tennis che abbisogna di tante partite per entrare in palla. Il siciliano Caruso, numero 78, dal canto suo, ha distrutto il qualificato svizzero Laaksonen senza mai soffrire, e contro Fognini non ha nulla da perdere. Chi vince sfida, molto probabilmente l’idolo di casa De Minaur, che se la vedrà contro quel Cuevas che ha piegato un lento e prevedibile Seppi. E poi, vista su Nadal negli ottavi…arrivarci prima! Continua la marcia anche il torinese Sonego, per la prima volta testa di serie (32ma) dello “Slam felice”, che ha regolato in tre partite secche un giocatore scorbutico come lo yankee Querrey, uno che si muove poco anche perché, tra bombe di servizio e diritti vincenti, conclude presto il punto. Ma Sonego lo ha tenuto in campo, gli ha preso la rete spesso e alla lunga, la sua maggior freschezza fisica l’ha fatta da padrone. Per Sonego ora l’iberico Feliciano Lopez, sul viale del tramonto tennistico ma sempre in auge laddove la palla corre veloce; Lopez batte e scende, mette molta pressione ed è meno potente (ma più mobile) di Querrey. Se tanto mi dà tanto, Sonego dovrebbe trovare Rublev al terzo turno, nella rivincita della finale (persa) a Vienna lo scorso autunno. Per quanto concerne gli altri azzurri, detto di Seppi che pare stanco al di là della sua età, ha deluso molto Cecchinato contro il redivivo McDonald, non perché ha perso ma per come ha perso: messo in cascina il primo set, il palermitano è sparito dal campo lasciando l’iniziativa nelle mani del suo avversario, peccando di personalità, di carattere. Non è che non abbia lottato ma è parso troppo arrendevole e forse ancora non ha capito che sulle superfici veloci, restare da fondo campo e aspettare l’errore del contendente, serve a poco. Per lui la maledizione dello Slam (che non sia Parigi) continua. Male anche Mager, impalpabile contro il qualificato russo Karatsev, che lo ha surclassato; stessa sorte per Travaglia, finalista lo scorso week-end alla Great Ocean Road, che però aveva un avversario più tosto come il giovane americano Tiafoe, brutto stilisticamente a vedersi ma efficace davvero sul cemento. Manca solo Sinner all’appello ma giocare subito dopo il trionfo contro Travaglia non lo ha aiutato; anche Shapovalov, che è 12 del mondo, ha i suoi grossi meriti, specie nel quinto e decisivo set, ma quella dell’italiano non è una bocciatura, avrà tempo per rifarsi. Capitolo donne. Resistono la Errani e la Giorgi, le due veterane. La Errani, 134 del ranking WTA, dopo la bella vittoria sulla cinese Wang (era sotto 4-1 nel terzo set!) affronta la quarantenne Venus Williams. Entrambe sono contente di affrontarsi (3-2 gli scontri diretti per la statunistense, gli ultimi due targati 2014 e 2015 vinti dalla bolognese): la Errani perché era peggio giocare contro Serena visto che Venus, da qualche anno, è in versione vacanziera; la Williams perché la sua proverbiale risposta può andare a buon fine contro il servizio inesistente della Errani. La Giorgi, scesa al numero 89, invece ha un avversario più che proibitivo, quella Swiatek 17 del mondo e campionessa in carica al Roland Garros. La domanda è: il brodino caldo preso con lo scalpo della Shvedova, che non giocava da tempo immemore, si può trasformare in una amatriciana coi fiocchi? Metafore culinarie a parte, la Giorgi gioca sempre alla stessa maniera da dieci anni, ormai la conoscono, e il fatto di aver dichiarato che il tennis le piace ma la moda forse di più, pare indirizzarla verso altre strade extra-sportive. Si guarda intorno insomma. Ed è sola però perché la Trevisan, dopo il fantastico quarto di finale al Roland Garros dello scorso anno, ha inanellato tre primi turni di fila, tutti sul cemento. La Paolini nulla poteva contro la Pliskova e così è andata mentre invece l’unica delusione è quella della Cocciaretto, 19 anni come Sinner, brava ad uscire vittoriosa dalle qualificazioni, ma incapace di reagire nel terzo set alla Berthel che giocava grazie al ranking protetto. Troppo poco per entrare nelle prime cento giocatrici del mondo, ci vuole ancora un altro step.

Andrea Curti