La classifica ATP ha diramato la classifica settimanale e, per la prima volta nella storia, l’Italia ha dieci giocatori nei primi 100 del mondo, segno di una vitalità tennistica senza precedenti nella nostra storia. Berrettini, nonostante gli acciacchi addominali che gli hanno fatto giocare meno tornei di tutti, conserva la top-ten e guida il plotone azzurro; l’augurio è che il 24enne romano possa risolvere in fretta i guai fisici e riprendere la rotta verso le ATP Finals di Torino del prossimo novembre. Dietro, Fognini perde terreno scendendo alla 18ma piazza; riprendersi dalla doppia operazione alle caviglie non è facile per nessuno, figuriamoci per un atleta del suo calibro che fa della brillantezza fisica e reattiva un punto di forza. Ha cambiato coach il ligure affidandosi a quel Mancini (argentino) che vinse Roma anni orsono; forse punta alla stagione sul rosso, Montecarlo, Roma e Parigi, centellinando le forze che a 33 anni non sono più quelle di un diciannovenne. A proposito di diciannovenni: Sinner, dopo la finale persa ieri a Miami, è salito al numero 23 e incalza proprio il “Fogna”, risultando addirittura numero 7 nella race (la classifica annuale). Ci sarebbero da dire una miriade di cose sul ragazzo altoatesino, fiumi di parole come cantavano i Jalisse, ma le chiacchiere sono a zero: da ciò che abbiamo visto è un giocatore costruito, con poco talento ma grande potenza e soprattutto gran testa. Ancora è immaturo nella gestione di una gara importante, troppi sali e scendi, troppi regali che non si possono concedere a grandi livelli. Piatti ne ha fatto un ribattitore quasi perfetto a cui però manca l’approccio a rete, i tempi con cui prendere la rete e sorprendere l’avversario. E sarà difficile che ciò avvenga, visto che dalla scuderia Piatti sono usciti in passato Caratti (grande anticipo, gran timing ma complessivamente durato poco e arrivato al numero 26 nel 1991), Furlan (altro grande incontrista, tenace, intelligente, forse quello che è progredito di più arrivando 19 nel 1996), i doppisti Brandi e Mordegan (il primo ha giocato parecchi anni in Davis) e il croato Ljubicic (Ljubo per gli amici, che è stato 3 nel 2006 con la semifinale al Roland Garros): giocatori non spettacolari che hanno sopperito alle mancanze tecniche con il sudore del duro lavoro, della abnegazione. Forse a Sinner servirebbe disputare i tornei di doppio per giocare le volée in competizione e non solo in allenamento.  Tornando alla classifica, numero 4 d’Italia è il piemontese Sonego che invece, pur avendo meno potenza di Sinner, ha sicuramente più dimestichezza con le acrobazie sotto rete, come dimostrano le veroniche alla Panatta che ha sciorinato in campo anche a Miami. E’ 34 del mondo a 25 anni ed ha ampi margini di miglioramento soprattutto sotto l’aspetto della tenuta fisica. Cinque d’Italia e 69 del mondo è l’ascolano Travaglia che a 29 anni e sotto la guida di un altro coach importante come Vagnozzi, ha ritrovato maturità e colpi che sembravano spariti; Travaglia è un fighter, uno che lotta su ogni palla, spesso sorretto anche da una buona condizione fisica che gli permette di stare a lungo in campo. Anche Caruso, 87 e sei d’Italia, è un lottatore che ha fatto buoni risultati anche sul veloce e merita la posizione che occupa. Al 90 troviamo l’altro ragazzino terribile del nostro tennis, quel Musetti che tanto piace per le sue variazioni di gioco (che Sinner non ha); il 19enne toscano è entrato per la prima volta in carriera nella top-100, divertendosi e facendo divertire, con un tennis fresco e brioso, poco incline ai bracci di ferro con l’avversario ma basato anche sull’imprevedibilità. Ha dimostrato Musetti, che ha ampi margini di miglioramento, che può issarsi molto in alto. Al 91 del ranking ATP ritroviamo l’altro ligure Mager che, dopo la finale raggiunta in quel di Rio de Janeiro ad inizio 2020, si era un po’ perso per strada uscendo dai 100. Ora ha vinto il challenger di Marbella ed è rientrato e a 26 anni, con quell’accelerazione di diritto che ha, oltre ad un buon servizio, può aspirare a posizioni migliori. Stesso discorso per il siciliano Cecchinato, ora numero 93, apripista della valanga azzurra del tennis con quella storica semifinale a Parigi 2018 quaranta anni dopo l’ultimo italiano. Il saliscendi continuo del Ceck, arrivato a 16 del mondo e poi uscito dai cento e poi rientrato con tanto di terzo cambio di coach (Sartori è sicuramente quello buono), hanno scombussolato i piani tennistici; quando ritroverà un equilibrio, una costanza di risultati, lo ritroveremo più avanti, perché i colpi li ha ma a volte se li tiene per se. Chiude la pattuglia azzurra l’inossidabile Seppi, 96, che a 37 anni ha ancora la forza di lottare per i challenger in giro per il mondo contro ragazzetti che hanno la metà dei suoi anni: è un esempio per tutti, di professionalità e di correttezza. Lunga vita ai giocatori così.

Andrea Curti