Dopo la brutta parentesi monegasca, dettata sia dal valore dell’avversario (lo spagnolo Fokina) che dalla lontananza dai campi di gioco per infortunio (due mesi), Matteo Berrettini ha centrato la sua quinta finale in carriera (bilancio 3 vittorie e 1 sconfitta) sul rosso di Belgrado, battendo il lucky loser nipponico Daniel, numero 126, che nel turno decisivo delle qualificazioni le aveva prese dal ligure Mager (quest’ultimi bravo a centrare i quarti di finale). Berrettini si è sbarazzato dell’asiatico per 6/1 6/7 6/0 dopo due ore e 7 minuti, alla fine di un match meno facile di quanto non dicesse il pronostico in favore dell’azzurro. Già i primi giochi dell’incontro infatti potevano girare in favore di Daniel se il giapponese avesse prima capitalizzato una palla-break in apertura e poi una opportunità dell’1 pari; così con gran fatica ma sciorinando drop-shot e rovesci tagliati, new look tecnico, Berrettini si è trovato 3-0, 4-1 con un ace per poi chiudere al settimo gioco in scioltezza la prima frazione. E’ splendido il passante lungolinea di rovescio del tennista romano con cui ha strappato subito il servizio a Daniel nel secondo set, vantaggio che ha mantenuto col servizio (2-0, 3-1, 4-2) a suon di aces anche a 220 chilometri orari. Ma sul 5-4 e battuta, quando cioè è il momento di chiudere il match, Berrettini cede il servizio (e sino ad allora aveva concesso solo 3 quindici all’avversario in tre turni) anche perché Daniel gioca il game della vita e trova tre risposte incredibili che lo rimettono in corsa. I vincenti del giapponese si susseguono così c’è il sorpasso: da 3-5 Berrettini a 6-5 Daniel. Il tennista italiano approda senza patemi al tie-break ma qui si lascia andare ad una serie di errori gratuiti banali che di fatto consegnano a Daniel il set. Si va al terzo mentre cala la notte (e la temperatura) a Belgrado. Ma Berrettini è ancora vigile e sveglio, sufficientemente per breakkare il giapponese nel secondo gioco. Daniel comunque si muove molto bene sul campo, arriva con ottimo timing sulla pallina e nello scambio da fondo mette molta pressione al romano. Che si tiene a galla con la prima di servizio consolidando il vantaggio e salendo 3-0. Secondo break (4-0) e via verso la finalissima di domani dove dall’altra parte della rete, al Novak Tennis Center (l’impianto dove si allena regolarmente il numero uno del mondo), non ci sarà il padrone di casa, Djokovic appunto, “sgambettato” dal duro russo Karatsev, rivelazione del 2021, uno che prima del Covid aveva vinto una sola partita ATP in carriera nel 2015 prima di infilare 14 vittorie su 18, compreso il primo torneo a Dubai, che lo hanno proiettato al numero 28 delle classifiche e al 6 della race d’annata. Il russo, ancora una volta contro Djokovic, nella rivincita della semifinale degli ultimi Australian Open, ha lottato come una tigre siberiana, salvando 23 palle-break al numero 1 del mondo (ed è un record!). Per Berrettini resta comunque una finale difficilissima perché Karatsev, che si è visto un paio di volte sotto rete, in tre ore e 25 minuti di gara non si è mai arreso al numero 1 del mondo, non ha mai mollato, controbattendo ad ogni colpo del serbo. E’ nei polpaccioni ben muscolosi e nella preparazione atletica che Karatsev fa più paura; il suo tennis, solidissimo e potente, non lascia spazio a fantasia per affidarsi alla concretezza più estrema. Niente fronzoli insomma ma tantissima sostanza. Avversari così “famelici” sono un banco di prova importante per le ambizioni di un Berrettini che a fine anno vuole giocare il Masters in casa a Torino.

Andrea Curti