Quando ha chiuso la volée dopo 4 ore e 12 minuti di lotta, chissà cosa avrà pensato il numero 1 del mondo, il serbo Djokovic. “Ragazzino vai a casa”, riferendosi alla differenza di età (34 anni lui, 22 lo sfidante, il greco Tsitsipas) oppure semplicemente “amici vecchietti vi sto raggiungendo”, visto che tra lui e Nadal e Federer c’è ora solo uno Slam di differenza, 19 a 20. Qualsiasi cosa sia passata per la mente fredda e calcolatrice di Djokovic di certo è stata esaltante per la modalità con cui l’ha ottenuta, in rimonta al quinto set, come contro Musetti, alla fine di una corrida dove tutti e due i contendenti hanno lottato fino allo stremo delle forze. Solo che 12 anni di età avrebbero potuto pesare in termini di freschezza invece Djokovic è un mostro anche in questo; la determinazione, la voglia di centrare il Grande Slam per il quale è ancora in corsa con un esaltante due su due (il Grande  Slam manca dal 1969, fate un po’ i calcoli…) e altri record da abbattere sono una bella molla psicologica che fa girare le gambe anche quando queste sono ben piantate sul campo. E’ probabile che sia accaduto questo quando il campione serbo si è trovato sotto due set a zero, dopo un primo set perso male, con quelle due palle-break non sfruttate in apertura, con quel 6-5 e servizio che poi ha ceduto a quindici, e quel tie-break che aveva ripreso da 2-5 a 5 pari e il set-point sul 6-5, prima di perdere tre punti di fila. E poi la seconda frazione partita male e finita peggio, un rapido 6/2 per il greco che assaporava la prima vittoria in uno Slam. Ma de che! Djokovic ha ripreso a martellare incessante, break nell’interminabile quarto gioco e 6/3 per lui nella terza frazione. E nella quarta due break pesanti nei primi tre giochi. Troppo concentrato Djokovic per sentire la stanchezza. Al quinto set il serbo, alla prima opportunità, toglie la battuta a Tsitsipas, cancella i due tentativi di rientrare nel match del greco nel settimo gioco (recuperando da 15-40) e vola verso il trionfo. Trionfo parigino che lo pone come grande favorito a Wimbledon; è vero che l’erba non è la terra rossa ma Laver sembra sia molto vicino…

Andrea Curti