DANIELE POTO

Le interessanti statistiche del Censis restituiscono una fotografia esatta e, per certi versi sconvolgente, del rapporto tra gli italiani e i media al tempo della pandemia. Che dura ormai da quasi venti mesi con effetti misurabili sull’utilizzo del tempo libero e sul rapporto con intrattenimento e informazione di sessanta milioni di connazionali. L’uso tradizionale della Tv digitale terrestre e della televisione satellitare non ha subito scosse percentuali nel biennio mentre invece è cresciuta considerevolmente la fruizione della smart tv e del Mobile Tv . In leggera flessione il consumo di radio anche tramite autoradio mentre in leggero aumento l’ascolto in FM sul telefono cellulare, ormai una vera e propria centralina, e da internet. A picco l’acquisto dei quotidiani che ormai rappresentano una quota minoritaria nelle abitudini nazionali. Con loro s’inabissano su percentuali minimali anche i settimanali, i mensili e la free press gratuita in distribuzione nelle metropolitane. Non compensa questo vistoso calo il lieve incremento alla voce “quotidiani on line” e il ricorso ai siti web di informazione.“siti in un “fai da te” comunicazionale autarchico. In leggero aumento l’acquisto dei libri ma con un’ accentuazione delle diseguaglianze. In parole povere chi leggeva prima ora legge di più, chi non leggeva prima non ha mai incominciato a farlo. I lettori “forti” si confermano diplomati e laureati, soggetti specializzati. Tra i social network e affini spicca al primo posto whatsapp per la sua palese gratuità, tallonato da facebook, youtube, telegram e instagram con TikTok e Twitch in risalita, Skipe e Linkedin in calo. Naturalmente l’oggetto dominante di sistema rimane lo smartphone, fondamentale anche per gli acquisti online. Inoltre il 60% degli italiani ha attivato Spid, il vero lasciapassare verso la piena fruizione dell’identità digitale. La parola d’ordine post-pandemica rimane la de sincronizzazione dei palinsesti collettivi per una fruizione individualista e personalizzata.