Quasi quaranta punti di differenza (sette mete a zero) la dicono lunga sui valori in campo tra Italia e Nuova Zelanda, a tal punto da pensare che la “prima” per il nuovo coach degli azzurri Crowley contro gli All Blacks sia stata più che un azzardo. Non era meglio un avversario più morbido, senza aspettare novembre? Fatto sta che la giovane Italia, con elementi under o appena over 21 (Lamaro, Garbisi, Varner) e scoppiettante nelle gambe (Ioane), fino al ventisettesimo del primo tempo è addirittura zero a zero, controbattendo l’avanzata degli avversari con placcaggi irruenti, con concentrazione e attenzione in grande quantità. E’ pure presuntuosetta l’Italia con Garbisi che in due occasioni, invece di cercare la via dei pali, calcia in touche nei 22 avversari con chissà quale ambizione, dato che le rimesse alla fine saranno il tallone d’Achille per il quindici azzurro. Poi arrivano le mete degli All Blacks, controbilanciate da due piazzati sempre del mediano Garbisi, e il primo tempo è chiuso sotto con un dignitoso 6-21. Il problema è sempre lo stesso, la tenuta fisica per tutti gli ottanta minuti del match, così gli azzurri, volenterosi ma francamente mai incisivi in attacco, quando smettono di placcare e iniziano la girandola delle sostituzioni, lasciano ai neozelandesi una vittoria più rotonda nel punteggio (9-47) e in surplace negli ultimi venti minuti di gara. Una prova, quindi, quella dell’Italia da non considerare per il valore inarrivabile dell’avversario. I prossimi test match invece qualcosa potranno dire. Sabato prossimo, 13 novembre a Treviso con l’Argentina forse è quello più proibitivo, a differenza invece dell’impegno di sabato 20 a Parma contro l’Uruguay, l’unico realmente abbordabile per la compagine nostrana.

Andrea Curti