Quando si gioca sul rosso contro un tipo Ruud come l’omonimo norvegese (ricordiamo, finalista al Roland Garros), bisogna stare al 100%, fisicamente e mentalmente. Nella finale del 250 svizzero di Gstaad, il romano Berrettini, al terzo rientro alle gare (questa volta causa covid), gli ha dato comunque del filo da torcere; anzi dopo aver vinto il primo set 6/4 con discreta autorità, Berrettini ha avuto due palle-break nel terzo game della seconda frazione, e una nel nono, “rischiando” di andare a servire per il match. Poi però nel tie-break l’incontro è girato. Tre errori di diritto dell’azzurro e quattro “quindici” ceduti sul proprio servizio (quando in tutto il set ne aveva perduti soltanto due!) hanno permesso all’attentissimo Ruud di intascare il secondo set e volare verso il successo, il settimo in carriera, anche per la resistenza fisica di Berrettini che lentamente si è spento, arrivando in ritardo nello scambio. Berrettini doveva chiudere in due partite perché non ha fondo ancora, si è ripreso da poco dai sintomi dell’infezione e Ruud è uno che non ti regala nulla ma tiene alta la concentrazione sempre. D’altronde il norvegese, se non avesse una forza mentale strepitosa (è il Ferrer di Oslo), non sarebbe il numero 5 del mondo. Però l’amaro in bocca resta, soprattutto per quelle tre opportunità di break non sfruttare dal romano. Peccato, ma bravo Berrettini lo stesso.
ANDREA CURTI
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