Il passato e il presente di un artista autodidatta e dunque aperto a continue sperimentazioni. Per Antonio Ghirelli era “un ingegnere della fantasia”; Marcello Venturoli lo ha definito “l’artista napoletano di maggior rigore e coscienza”. Nel centenario della sua nascita, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea rende omaggio a Carlo Montarsolo con una mostra (Montarsolo. Alta tensione tra passato e presente, a Roma dal 1 ottobre al 6 novembre) che è anche l’occasione per celebrare la recente donazione del suo archivio al museo di Valle Giulia: interamente schedati e digitalizzati, i materiali saranno dal 1 ottobre consultabili da tutti sul portale OPAC. Carlo Montarsolo, i cui esordi sono caratterizzati da un linguaggio neo impressionista, con cui ritraeva paesaggi dell’area vesuviana, “ha saputo conciliare, negli anni successivi, una sintesi geometrica e tendenzialmente astratta, che a tratti si fa neocubista e persino informale, con espressioni tradizionali”, afferma il curatore della mostra Giorgio Agnisola. La cifra identitaria del linguaggio dell’artista, aggiunge, “emerge in particolare da questo richiamo alla tradizione, leggibile come retaggio di una cultura paesaggistica partenopea e meridionale, che ha alimentato la sua formazione giovanile, caratterizzata da colori morbidi e pastosi e da vibranti risalti della luce. Ed è soprattutto nel segno di una forte e irrisolta tensione tra passato e presente, che tra la fine degli anni ’50 e gli anni ‘70 del secolo scorso, che è poi l’arco temporale su cui è incentrata la mostra, Montarsolo “ha testimoniato un peculiare e felice percorso che, nel panorama degli artisti dello stessoperiodo, lo rende assolutamente riconoscibile, con esiti di suggestiva intensità espressiva”. A opere come Tempio sommerso (1967), con i suoi multipli tagli della luce che evocano “misteriose e quasi magiche e interne armonie”, se ne contrappongono altre considerate più introverse e materiche, tendenzialmente simboliche, come Sole sul davanzale (1962) e Elementi di una macchina (1979), “caratterizzate da calibrate scansioni di piani e di forme, talora da giochi sottesi e intimistici di luci e di ombre”. I quadri in esposizione intrecciano un dialogo con opere selezionate, provenienti dalle collezioni della Galleria, di artisti a lui contemporanei come Lucio Del Pezzo, Umberto Mastroianni, Augusto Perez. Completano la mostra una selezione di inchiostri e diversi documenti d’archivio che ricostruiscono la carriera dell’artista, tra cui lettere e testimonianze di alcuni protagonisti della scena istituzionale, artistica e culturale (Andreotti, Argan, Bucarelli, Guttuso, Iotti). ”Portare avanti un’eredità artistica è una sfida e una rinascita continua”, spiega Federico Romanelli Montarsolo, figlio dell’artista e responsabile dell’Associazione Montarsolo che ha curato e promosso l’evento. “Questa nuova retrospettiva – dice – che è una ristretta ma significativa selezione delle opere in archivio, alcune delle quali inedite, è frutto di un’accurata ricerca intrapresa per riscoprire la peculiarità di una vita dedicata ad un’alta tensione artistica che, tra passato e presente, sprigiona tutt’oggi emozione ed equilibrio, energia e autorevolezza. Come lui stesso ha ben scritto nel suo libro-vademecum Un artista racconta l’arte: ‘Noi ci tramutiamo ed invecchiamo. Capire in tempo il significato e la qualità di un’opera d’arte, e goderne, è forse la possibile terapia per sfuggire alla malattia dell’indifferenza e della tristezza dei nostri giorni. Proviamoci insieme’”. Citando Kandinskij, Montarsolo non ha mai nascosto il ruolo dell’arte, non solo come ristoro mentale, alternativa o piacere, ma come una forza che deve servire all’affinamento e alla creatività dell’animo umano e del lavoro fisico dell’uomo. E proprio l’artista napoletano, in suo scritto del 2002, rendeva omaggio “alle infinite possibilità creative, e che quindi appartengono alla sfera dell’arte, del lavoro come mestiere o professione di ognuno di noi. Dall’agricoltore, forse il più lirico ed espressivo personaggio del lavoro di tutti i tempi, al meccanico, dall’insegnante al muratore, dal bracciante fino al lustrascarpe: il lavoro oltre che fatica a volte dura e perigliosa può essere immaginazione e creazione, e quindi arte”.
Pierpaolo Arzilla