Si è conclusa la regular season del campionato di basket con, come da previsione,
l’Armani jeans Milano al primo posto. Un traguardo parziale che assicura il diritto di
giocare le partite decisiva in casa nella relatività di un fattore campo spesso
sbancato dalla stanchezza stagionale, dagli infortuni, dal caso. Ma, mai come in
questo caso, Milano è con alle spalle al muro per il capolinea di una stagione
fallimentare. Sconfitta in Coppa Italia (e sin dal primo impatto), nella Supercoppa,
bocciata in Eurolega. In questa ultima manifestazione la squadra di Messina sta
facendo il salto del gambero peggiorando anno dopo anno, nonostante l vantaggi
procurati dall’esclusione delle squadre russe. Eppure tra le prime otto ci sono
squadre come il Partizan e il Monaco che non hanno il budget messo a disposizione
dal pazientissimo Armani: 25 milioni di euro. Soldi privati e non pubblici ma poco
giustificati per gli investimenti tecnici. Fateci caso: praticamente tutti i nuovo
acquisti del club hanno disputato una stagione inferiore alla aspettative: Pangos,
Voigtmann, Davies, Mitrou Long. Dal semi-naufragio si salva solo il play Napier che
non è bastato a riabilitare l’alterno rendimento europeo, contrassegnato
soprattutto dall’insuitata serie negativa di nove sconfitte consecutive. Il budget di
Milan è pari a cinque volte quello di un club di media classifica del campionato
nazionale e questo offre l’idea della sproporzione delle possibilità economiche. In
più si è accentuato il disinvestimento tecnico sugli italiani. Il solo Melli è valorizzato
in quintetto. Gli altri (Datome, Alviti, Baldasso), complici gli infortuni, ma non solo,
sono delle mere comparse sulla linea della valorizzazione che in passato ha
riguardato Pascolo, Della Valle, Moraschini. Tutti bruciati da un’esperienza
deludente. Ora nel mirino c’è Tonut. Può giocare in nazionale una guardia che a
stento riesce a trovare dieci minuti di utilizzo nel club?
DANIELE POTO
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