Ci siamo: l’epilogo di questa Coppa del Mondo del 2023 è a poche ore di distanza. Infatti sabato prossimo, 28 ottobre alle ore 21, allo Stade de France, saranno Nuova Zelanda e Sudafrica a sfidarsi in una finalissima che si preannuncia emozionante, più per il significato storico della contesa che non per la spettacolarità dei due quindici. Innanzitutto chi vincerà potrà vantare il maggior numero di Mondiali in bacheca puntando ad un poker che vuol dire tanto nel mondo ovale (ora entrambe ne hanno tre). Poi si tratta del remake di quella mitica finale del 1995 in terra di Sudafrica, quando i padroni di casa, spinti dalla carica del Presidente Mandela per la riunificazione del Paese (si veda il film “Invictus”), dall’intelletto di Capitan Pienaar e da mostri sacri della pallaovale (Van der Westhuizen, Chester Williams, Stransky, Joubert), portarono a casa un trofeo insperato visto che dall’altra parte del campo c’era uno come Jonah Lomu, che con una mano atterrava due giocatori insieme mentre correva da sprinter con l’ovale sotto le ascelle, o come il calciatore Mehrtens, che centrava i pali con la stessa facilità con cui ci si accomoda per bere un bicchier d’acqua. Sarà che quell’atmosfera all’Ellis Park di 28 anni fa è inimitabile, sarà che all’epoca abbiamo conosciuto quei personaggi quando vennero in tournée a Roma, sarà la nostalgia canaglia dei tempi che non torneranno più, però francamente paragonare quei fenomeni agli attuali giocatori ha un non so che di sacrilego. Tra gli attuali due quindici quello che più ha impressionato nella attuale kermesse è stato quello tuttonero, per la velocità delle ali e dei tre quarti, e per l’essersi ripreso dopo lo scivolone nella gara inaugurale contro i galletti francesi, sicuri questi ultimi di arrivare infondo alla competizione,di sentirsi almeno finalisti ancor prima di giocare. E invece la Francia si è fatta infinocchiare da un Sudafrica più calcolatore, più fisico con il pack e più scaltro col pittoresco mediano di mischia, biondo platino da far invidia al Truciolo degli anni 80. Anche gli inglesi sono caduti nella trappola degli Springboks che hanno usato tatticismo esasperato per frenare la reazione dei sudditi di Sua Maestà, ed hanno colpito con una punizione impeccabile quasi allo scadere, per difendersi a denti stretti e giocarsi le chances di vittoria nel mondiale. Due partite vinte, quelle del Sudafrica, al fotofinish, segno della caparbietà degli africani, che questa volta dovranno fronteggiare la squadra più tecnica delle terre emerse. Chiunque trionfi (Sudafrica o Nuova Zelanda) farà la storia del rugby. Mentre l’Europa sta a guardare…

Andrea Curti