Cori da stadio, applausi scroscianti, omaggi verbali: Rafa Nadal abbandona il Centrale del Foro Italico dopo aver rimediato solo tre giochi contro il polacco Hurkasz, ma lo fa da Re indiscusso del torneo, amato dal pubblico, forse anche in virtù del suo palmares che lo ha visto trionfare a Roma ben dieci volte in carriera. Quella odierna è però molto di più di una semplice sconfitta, è la battaglia finale, la sconfitta finale, la resa finale con tanto di bandiera bianca alzata, di una gloriosa e fantastica cavalcata nel tennis mondiale, che lo ha portato addirittura a vincere Wimbledon, lui che con le volèe e il gioco di volo in generale non aveva molta dimestichezza. Al contrario oggi a fine carriera lo spagnolo è quasi meglio sotto rete, con lo smash quasi infallibile e le volée magari non vincenti ma sicure, non più tremanti; al contrario il suo mitico palleggio ha perso fluidità, ha perso potenza e profondità rendendolo un giocatore normale. E lui non è mai stato un giocatore “normale”, per questo avrebbe dovuto fermarsi prima, nonostante in conferenza lasci aperto uno (improbabile per noi) spiraglio di ritorno: “A Madrid ho detto che era stata l’ultima volta perché è un torneo diverso, con condizioni diverse. Roma è qualcosa di differente per me e per la mia storia. Dico che al 98% è stata la mia ultima volta qui ma non dico che una cosa è sicura al 100% se non è così”. I 22 Slam conquistati dall’atleta maiorchino la dicono lunga su ciò che è stato, ma gli anni implacabili passano per tutti, è il corso della vita. E allora tuffiamoci nel torneo, anzi nei superstiti del torneo. A parte il bagno di folla al Foro Italico, bellissimo pensando ad anni fa quando era semideserto, orrendo se si pensa alla calca umana e alle condizioni di insicurezza che ne derivano, di giocatori talentuosi ne sono rimasti pochi. C’è la vecchia guardia, rappresentata da Djokovic (oggi si è scherzosamente allenato con il casco), Medvedev e Zverev, Khachanov e Dimitrov con Hurkacz in una sorta di usato garantito, poi una serie di tennisti eclettici che giocano bene su tutte le superfici, tipo gli americani Fritz e Korda (che si sfideranno in un derby all’ultimo colpo), il dio greco Tsitsipas, il canguro De Minaur, e i ragazzini che iniziano a far vedere il loro estro, come il 21enne yankee Shelton e il 20enne serbo Medjenovic. Capitolo azzurri: detto di Passaro e Darderi, ce ne è un altro al terzo turno, Stefano Napolitano da Biella, uno che a 29 anni ha ritrovato il suo tennis e la voglia di giocare (l’anno scorso era sul punto di ritirarsi), sino ad arrivare al n.125 della classifica ATP. Contro il pedalatore cinese Shang ha vinto in rimonta utilizzando spesso il serve and volley, lo slice ad uscire e la chiusura del punto sotto rete. “Mi sono un po’ emozionato e ho perso il filo del gioco in alcuni momenti, ma poi sono riuscito a continuare a lottare“, ha spiegato il marcantonio piemontese, “Sapevo di aver sprecato tante occasioni nel primo set, ma sapevo che avrei potuto vincere la partita e ha funzionato. Non direi “meglio tardi che mai” perché sembra sempre che bisogna rispettare delle scadenze. Il mio percorso mi ha portato qua adesso a 29 anni, ma secondo me è importante giocare le proprie carte al meglio. È anche un po’ una speranza per chi arriva a una certa età senza grandi risultati“. Insomma c’è speranza per tutti, Cecchinato compreso, basta volerlo.

Andrea Curti