La fine definitiva dello stile Juventus è stata sancita dal clamoroso sfogo verso tutti
di Massimiliano Allegri durante e al termine di un match che pure la sua squadra
aveva vinto, intascando la Coppa Italia. La tensione e la pressione accumulate nel
corso delle ultime settimane sono uscite rovinosamente allo scoperto con una
pagina di cattiva pubblicità del calcio. Altro che fair play: Allegri ha tuonato contro
l’arbitro, ha insultato il direttore di Tuttosport (mai mettersi contro l’house organ)
e, indirettamente, per interposta persona, con il management della società che ha
già deciso di farlo fuori. Così finisce in malo modo il pur vincente ciclo Allegri,
vilipeso nell’ultimo anno dal cattivo gioco della Juve, dal corto muso e dalle continue
manifestazioni di intemperanza nei confronti di un club che pure lo ha valorizzato e
gli ha messo a disposizione una rosa imponente. Un divorzio in atto con reazioni non
giustificate anche dal colossale ingaggio del tecnico in una stagione in cui il distacco
dall’Inter è stato infinito. I dietrologi avranno modo di sbizzarrirsi sul “dietro le
quinte” della clamorosa esternazione. Nel momento della vittoria lo sfogo è
maturato anche per le modalità del match. Difficile riconoscere una giustificazione
per questa brutta esibizione, uno specie di forsennato streaming. Lo show è il
preludio a una separazione forse anche immediata. Ma quando parliamo di “morte
dello stile Juve” ci riferiamo a un contesto più generale. Le scelte editoriali della
Gedi (dismissione dei quotidiani locali), l’esercizio di ripetute censure a Repubblica,
unite alle contrastate vicende dell’eredità di Gianni Agnelli mostrano il volto
contraddittorio di una famiglia sempre molto discussa. Dunque per quella che fu la
Fiat e per quello che oggi è la Juve in versione Allegri bisogna abituarsi a ben altra
versione, esteticamente all’opposto
DANIELE POTO
Be the first to write a comment.