Tennis, finale Us Open senza storia: troppo Sinner per Fritz, ora si punta al Grande Slam.

 

Se si vincono nello stesso anno due Slam su quattro (in coabitazione con lo spagnolo Alcaraz), si abbatte la barriera dei 10.000 punti, si diventa numero 1 del mondo e si polverizzano record su record, vuol dire che il predestinato Sinner è sbocciato definitivamente a 23 anni e davanti a sé ha una fulgida carriera. La finale contro il pur bravo Fritz (che ha riportato un americano in finale a New York 18 anni dopo) e complessivamente tutto l’andazzo del torneo nello specifico e della stagione in generale, ha dimostrato che c’è un abisso incolmabile tra i primi 5 e il resto della truppa; la speranza che Musetti possa rientrare nella combriccola dei privilegiati c’è sempre ma ci vuole ancora un ulteriore passo per avere due italiani in top ten. Per il momento godiamoci lo straripante Sinner, un robocop quasi perfetto che ha lavorato e tanto per arrivare lassù, che ha raggiunto un livello tale di gioco da non perdere mai da chi gli è inferiore, sia pur in condizioni psicofisiche non perfette. E’ probabilmente la sua forza mentale a fare la differenza: parte forte, 2-0, poi Fritz lo sorpassa 3-2. Chiunque di noi mortali avrebbe il morale sotto i tacchi. Lui no. Incamera quattro games di fila e porta a casa il primo set. Nella seconda frazione l’altoatesino mantiene sempre il servizio e piazza il micidiale break al decimo gioco, quello decisivo che gli consegna il secondo set. Nel terzo, Sinner va sotto 5-3 ma di nuovo inanella quattro games consecutivi che gli valgono la gloria eterna. Sesto titolo nel 2024 su altrettante finali e 55 partite vinte su 60 dicono che se arriva infondo l’azzurro è micidiale; oltre a Wimbledon gli mancano un po’ i successi sulla terra rossa, magari del Foro Italico e del Roland Garros, ma l’impressione è che anche quei due trofei possano essere alzati. C’è riuscito con la Coppa Davis, il che non avveniva dal 1976, sebbene le sue partecipazioni siano centellinate (riferiscono) per stanchezza fisica, Puntare al Grande Slam non è più utopistico.

Andrea Curti