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ROMA-La storia infinita dello stadio della Roma segna un altro irreversibile stallo. Che significa secondo la logica del tempo un anno in più prima della teorica messa a regime della prima pietra dell’opera. Non fosse bastata la Conferenza dei Servizi dai mille rinvii, la frangia contestaria del Movimento Cinque Stelle (che si è messa di traverso alla Raggi), i ritardi nella solvibilità di Parnasi per l’acquisizione dei terreni, la complessa partita di giro tra Pallotta e la Roma, tra Parnasi e Unicredit, ora è il caso di fare i conti con una seconda bocciatura formale del progetto il che significa la sua puntuale ripresentazione a cubature cementizie dimezzate. L’impresa ora rischia di perdersi nelle nebulose della burocrazia italiana oltre che romana. E dunque il sogno di poter disporre del nuovo impianto per la stagione 20020-2021 sembra pura utopia. Il presidente della Roma insisterà perché il gioco vale la candela ovvero la missione è una nuova struttura calcistica a tutti i costi. In fondo è quello il motivo reale per cui è diventato presidente della Roma, alternando la presenza in loco a lunghi soggiorni in America (ora più che mai necessari visto il buon feeling con Trump). L’attuazione è immersa in una palude che sembra l’esatta metafora delle condizioni del terreno di Tor di Valle. E qualcuno, vista la situazione, scommette che farà prima lo stratega Lotito a varare il progetto del nuovo stadio della Lazio a Roma nord. Quello che è certo è che è una gara tra bradipi. Probabilmente la patata bollente finirà in pasto alla nuova amministrazione capitolina, ammesso e non concesso che la Raggi riesca a ultimare il proprio mandato. Dubbio non banale viste le innumerevoli trappole in cui finora è caduta.

Daniele Poto