di DANILE POTO

Parafrasando Lineker il campionato italiano è quel gioco in cui tutti partono alla pari ma poi vince sempre la Juventus. Verrebbe voglia di dire per le debolezze altrui. Per il mancato rafforzamento della rosa della Lazio in tempi sicuri, per la partenza lenta dell’Atalanta, per le afasie alti/bassi dell’Inter, per la debolezza strutturale e societaria della Roma. La squadra più affidabile nel mazzo delle favorite è sempre lei, la Vecchia e un po’ sgualcita signora in virtù di una rosa formidabile che il pur discusso Sarri ha saputo gestire e condurre in porto con apprezzabile personalità. Decisiva ci pare la gestione durante i mesi del coronavirus perché pur affrontando le fughe all’estero di Ronaldo e Higuain, la positività di Dybala e Rugani, la squadra si è presentata forte e rodata alla ripresa respingendo l’attacco della principale contendente biancoceleste, sbracata ignobilmente partita dopo partita. Dunque la Juve come il Bayern Monaco. Monopolista di scudetti, facendo rimpiangere il tempo in cui un Cagliari o un Verona, imprevedibili outsider, si ritagliavano uno spazietto nell’albo d’oro. Oggi più di prima chi più spende più vince. Senza trionfalismi, per carità perché se la Juve ha conquistato l’Italia, l’Europa è ancora ben lontana e i ricordi degli ultimi anni invitano a prudenza e moderazione nei pronostici. E anche in casa come ha dimostrato il Milan, ribaltando il risultato nel secondo tempo, la Juve non è infrangibile. La sua migliore dote è l’affidabilità. Trattasi di squadra che nulla concede alle provinciali e così nell’arco di un campionato la ritrovi là, puntualmente in vetta, come budget comanda. Nel presente perché il futuro è tutto da disegnare vista l’elevata età dei suoi protagonisti, in buon parte over 30, per non parlare di Buffon che ormai ha travalicato ogni limite anagrafico in nome di un’insaziabilità agonistica senza precedenti. Il ripetersi dei suoi scudetti comunque non fa bene al calcio. E sembra accorgersene anche il pubblico televisivo che nelle ultime settimane, nonostante una supposta fame di calcio, ha decretato un consistente decremento degli indici di ascolto.