Si scrive Italia, si legge Stati Uniti d’America o con curiosa crasi Stati Uniti d’Italia. Ci
riferiamo agli azzurri (si fa per dire) che hanno concluso i mondiali di baseball con
l’eliminazione nei quarti di finale ad opera del favorito Giappone. Nella storia dello
sport italiano infatti non c’è mai stato un collettivo così infarcito di stranieri come la
nazionale assemblata per l’occasione sul diamante da uno di loro, cioè un paisà con
il cognome italiano ma l’idioma yankee. Mike Piazza ha fatto una campagna di
reclutamento senza precedenti assoldando 23 elementi con un qualunque pur tenue
rapporto con l’Italia, selezionandoli per i mondiali con la precipua mission di far bella
figura e di varare una squadra competitiva. Dove hanno ottenuto il più sorprendente
risultato di sempre. Battendo Cuba nei preliminari, accedendo ai quarti (miglior
risultato di sempre nella storia iridata). Ovviamebte lo slang americano era la lingua
in auge in questo team eterodosso, avallato spregiudicatamente dalla federazione.
Si può eticamente discutere sul varo della comitiva ma non sull’indubbio risultato.
Un ora dopo l’eliminazione le legione straniera è evaporata e probabilmente non
risponderà più a una chiamata azzurra. L’ingaggio era legato alla prestigiosa
trasferta e non altro. Quasi nessuno dei selezionati ha interesse a giocare nel
modesto campionato italiano. Così l’Italia del baseball dopo questo exploit torna a
casa base con l’abituale sfida con l’Olanda per la supremazia europea mentre nuove
nazioni, come Taiwan, crescono nelle gerarchie mondiali. Lo sport. Bosman o no, va
in questa direzione di pari passo con la totale spregiudicatezza degli organismi
competenti ovvero le federazioni internazionali e il Cio. Di qui il fenomeno delle
spregiudicate naturalizzazioni che nel totale degli sport in voga ha riguardato
soprattutto la Turchia e il depreda mento delle Repubbliche ex sovietiche oltre che
di tanti stati africani.

DANIELE POTO