di CRISTIANO SACCHI 

Sei di destra o di sinistra? Sei della Roma o della Lazio? Messi o Ronaldo? Sei pro o contro? Sei favorevole o contrario? Sei uomo o caporale? La gente ama le contrapposizioni, ama schierarsi da una parte o dall’altra, ama riconoscersi di più in un contesto sociale invece che in un altro. La gente ama i Beatles o i Rolling Stones, ovvero: ama il blues o il pop, ama i baronetti composti ed educati o i dannati del rock’n’roll, alcolizzati e senza regole. O uno o l’altro, perchè non entrambi? Decenni or sono, e fiumi di parole spesi dai fan e dalla stampa, a fare “guerre” e schieramenti per due gruppi che alla fine si amavano, si influenzavano, si seguivano e supportavano a vicenda. Ma la cosa più importante, i loro dischi erano contaminati della musica di entrambi. Amavano Buddy Holly, Chuck Berry, il rockabilly di Elvis, di Bill Haley, Little Richards, lo skiffle inglese. Andando in profondità, i Beatles certo strizzavano l’occhio più all’America dei grandi gruppi e solisti rhythm’n’blues e country: le Shirelles, The Drifter, The Marvelettes, Smokey Robinson, Sam Cooke, e poi ancora Ray Charles, Carl Perkins, Phil Spector e gli Everly Brothers. Mentre gli Stones, studiavano con ossessione maniacale il sound elettrico di Chicago: Muddy Waters, John Lee Hooker, Jimmy Rogers, Jimmy Reed, Bo Diddley, Howlin’ Wolf, Magic Sam, Little Walter. Le due formazioni però, parlavano di base la stessa lingua: entrambi usavano il blues, il rock’n’roll, il country ed il beat. Due gruppi: uno ama l’America più pop e “bianca”, l’altro ama l’America più nera e grezza, ma entrambi sono inglesi, due gruppi che quindi portano avanti due ideali che fondamentalmente non appartengono alla loro terra…è qui che nasce la strana e irripetibile magia della British invasion. Vediamo ora quanta musica dei Beatles c’è negli Stones, e quanta musica degli Stones c’è nei Beatles. Love Me Do: i Beatles si affacciano nelle classifiche inglesi con questo primo singolo targato 1962, che del blues ha tutto, alla faccia di chi dice che non hanno mai suonato una nota di questo genere musicale! L’armonia del brano si basa sui tre accordi del giro classico del blues, e l’armonica di John Lennon è un chiaro tributo all’America nera e country, una vera novità per i bianchi inglesi del periodo. Blues, Country e venature Pop: qualcosa nell’aria sta cambiando. Tell Me: prima composizione del’64 targata Jagger/Richards, che del giro blues e delle sonorità blues ha molto poco. L’ispirazione sembra arrivare più dal genere doop-wop e rhythm and blues americano: il brano assomiglia molto nel ritornello ad un pezzo delle Marvelettes, Please Mr. Postman, pezzo amato e coverizzato anche dai Beatles. Per il resto, il duo compositivo Jagger/Richards fa capire di avere la stoffa, la qualità e la sensibilità dei loro amici Lennon/McCartney: insomma buona la prima. Can’t Buy Me Love: hit del ’64 di Lennon/McCartney, che al suo interno contiene un intro con un blues in minore, mentre la strofa è un blues in maggiore, ed il ritornello ritorna ad essere ancora una volta un blues in minore! Qui i Fab Four si divertono a fare i Rolling Stones con risultati eccellenti per le classifiche di tutto il mondo. Blues che più Blues non si può! Lady Jane: primi accenni di Pop Barocco per gli Stones, che sulla scia di In My Life dei Beatles del ’65, tirano fuori dal cilindro un pezzo pre-psichedelia. Risulta evidente, qui nella stesura del brano, una maggiore attenzione nell’uso dell’armonia e delle chitarre acustiche arpeggiate, sulla scia del menestrello americano Bob Dylan, e quindi di riflesso ai Beatles, che pian piano daranno sempre più spazio alle sonorità acustiche. Get Back: nel ’69 i Beatles tornano alle origini, abbandonano per un attimo le super produzioni, per dedicarsi a ciò che hanno sempre amato: il Blues rock e il Rock’n’roll. Brano dal sapore completamente nero, una struttura blues come al solito stravolta, i Beatles ci regalano un pezzo carico di groove e feeling: dalla superba batteria “western/rock” di Ringo, all’assolo di piano elettrico di Billy Preston, che dona autenticità al brano, insomma, una vera contaminazione Rolling Stones per questo classico dei Beatles. You Can’t Always Get What You Want: i Rolling Stones chiudono gli anni ’60 con la loro personale Hey Jude, almeno nella durata: sette minuti e trenta di canzone che vanno a concludere il loro disco dal titolo assai strano ed evocativo: Let It Bleed. Il brano è una ballad, che ci rivela che dobbiamo ricordarci che spesso non si può avere tutto ciò di cui si ha bisogno, ma se cerchi bene a volte lo puoi trovare. E’ la loro All You Need Is Love: se i Beatles dichiarano che l’amore è ciò di cui hai bisogno, i Rolling Stones, qui sono più terreni e meno eterei, se non fosse però per l’intro “celestiale” del coro che apre il brano. Beatles e Rolling Stones, due mondi diversi che la stampa e i fan hanno voluto creare. Due mondi, che per la musica non sono mai esistiti, e nemmeno per gli attori di questa favola irripetibile, che hanno reso il rock qualcosa di più un semplice passatempo o intrattenimento, ma qualcosa in cui credere e aggrapparsi quando non ne hai più.