E’ forse il più bel Tour della storia quello che si sta svolgendo in Francia e che ha
avuto un esauriente prologo in Italia. Ben disegnato tra alte montagne, cronometro
selettive, spazi per i velocisti e giorni di riposo, ha finora proposto un tridente
potenzialmente vincente i cui lati sono coperti da Pogacar, Evenepoel, Vingegaard.
Con Roglic ormai sostituito in gerarchia valutando il peso dei 35 anni ei un grave
infortunio. Tour con tanti eroi ma nessun protagonista italiano tanto che per sentire
una voce autorevole sull’evento il più intervistato è Vincenzo Nibali la cui vittoria
nella competizione risale a troppi anni fa. Si sapeva in partenza che ci sarebbe stata
poca rappresentatività con soli sette azzurri alla partenza e nessuna squadra in lizza
ma finora nessun colpo di coda, nessun inserimento in fughe importanti. Ciccone, lo
scalatore, ha finora assolto un compitino giudizioso ma poco estroso. E’ decimo in
classifica generale in quella anodina terra di nessuno dell’insignificanza. Il suo
ritardo non gli permette di sperare in particolari avanzamenti e d’altra parte lo
condiziona perché se va in fuga rischia l’immediata replica della maglia gialla. E gli
altri? Formolo, Bettiol, Moscon e Sobrero alimentano aurea mediocritas mentre
Mozzato e Ballerini sono semplici comparse non riuscendo neanche a inserirsi negli
sprint dove si sente la mancanza di un Milan. Dunque sul versante azzurro ci si
appresta a voltare pagina e a guardare con non eccessiva fiducia l’Olimpiade dove
non brilla più per raggiunti limiti di età la stella di Viviani mentre nella cronometro
individuale Ganna troverà fiori di concorrenza e rischia di rimanere fuori dal podio.
Consoliamoci con l’esperta Longo Borghini che finora ha tenuto meritoriamente a
bada le avversarie nel Giro Woman ma ora affronta la prova del fuoco di salite che
dovrebbero sconvolgere la classifica dopo tappe di assaggio. La crisi del nostro
ciclismo è irreversibile? I Giochi di Parigi daranno una prima risposta.