Che malinconia ripescare dal cassetto dei ricordi per ritrovare un italiano
protagonista al Tour de France. Gli italiani che brillano nel fantomatico
europeo spariscono nella Grand Boucle. Assente per definizione un Nibali
a cui non si possono chiedere miracoli (35 anni!) il peso di un risultato da
classifica peserebbe sulle spalle del non più giovane Aru (30 anni). Ha
meritato un titolo di giornale il sardo quando è stato protagonista di
un’azione per sette chilometri in salita. Velleitaria se poi è stato ripreso e
staccato e staziona oltre il ventesimo posto in graduatoria. Non può fare
miracoli Pozzovivo (37 anni) che già è tanto se riesce ogni mattina a
ripresentarsi alla partenza considerando gli incidenti che ne hanno
funestato la preparazione ma anche la carriera. Vorrà dire che ci
concentreremo su Caruso che sembra il più solido ma la cui massima
aspirazione è di rientrare nel novero dei migliori dieci. Davvero un po’
poco per un ciclismo che si picca di essere all’avanguardia., E non migliori
prospettiva sembrano esserci per un successo di tappa. Il fin troppo
esaltato Viviani in un contesto di grandi velocisti non solo non ha trovato
il guizzo vincente ma non ha conseguito neanche un piazzamento di
spicco, facendo risaltare l’enorme differenze di spessore che c’è tra un
Giro d’Italia e un Tour de France dove oltre a essere velocista devi avere
la tenuta per resistere a tappe dure e selettive. Viviani arriva dietro i
fuochi con il gruppo ma spompato e non assistito da una squadra in grado
di preparargli uno sprint all’altezza. Anche senza Froome e Thomas il Tour
prepara la svolta dei nuovi valori, offrendo un pronostico incerto e uno
spettacolo emozionanti. Italiani a parte. La tappezzerie che non ti aspetti.
Quanto sono lontani gli anni di Pantani. Ah, già, era il passato secolo ed il
passato millennio!

DANIELE POTO