ROMA-Voleva rottamare quelli che ritenevano fossero gli affossatori del suo progetto. Sta finendo col rottamare il Pd o meglio quello che ne resta. Pallido erede del Pci, ma persino dei Ds e dell’Ulivo il Pd affonda come il Titanic incollato al suo stolido manovratore, esecutore di far retrocedere quello che era il primo partito italiano al terzo, ovvero, nell’agone elettorale, puntualmente escluso dai ballottaggi e, secondo alcune previsioni, addirittura privo di un collegio sicuro nelle prossime elezioni fissate nella primavera del 2018. Basti considerare la levatura di chi è rimasto fedele a Renzi e si inabisserà puntualmente con lui: il presidente del partito Matteo Orfini, protagonista negativo del declino del partito a Roma, Rosato il cui cognome sarà indelebilmente legato alla legge-vergogna del Rosatellum, Boschi e Madia, miracolate Ministre. Fuori tutti gli altri: D’Alema, Bersani. Con altri attori non protagonisti pronti a scindere le proprie responsabilità mettendosi in scia a Emiliano e Rossi, governatori rispettivamente di Puglia e Toscana. Alludiamo ai Ministri Orlando e Franceschini, ancora abbastanza giovani per accasarsi con un nuovo leader in un riposizionamento già sperimentato. Renzi invece è un leader mai sbocciato, incatenato alle promesse, a una narrazione che è marketing elettorale mentre il debito pubblico aumenta e l’Italia è sconsolatamente ultima nei gradienti di crescita tra i 28 paesi dell’Unione Europea.
DANIELE POTO
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