B.B King è stato per il blues, quello che John Lennon è stato per la musica rock: un icona, un
simbolo di una intera generazione ed oltre, il metro di misura con cui ogni musicista deve fare i
conti, il Big Bang da dove tutto è partito. Come John Lennon, B.B King non è stato solo un grande
musicista, è stato un portatore di pace, di una musica che è pace. Era l’ambasciatore del blues come
musica universale, che considerava al di sopra di qualsiasi genere, razza, religione o politica.
Riley B. King, questo è il suo vero nome, nasce a Itta Bena, nel cuore del profondo Sud nel
Mississippi il 16 settembre 1925. Cresce con la famiglia nella fattoria del signor Flake Cartledge,
dove impara ad occuparsi delle mucche, e poi in seguito alla prematura scomparsa della madre e
della nonna, inizierà a lavorare nelle piantagioni di cotone. La musica ed il blues, entrano da subito
nel suo mondo, e a poco poco, capisce che la sua vita deve cambiare, deve uscire da quella
opprimente routine.
Spaventato e pieno di incertezze, ma carico di speranze si trasferisce a Memphis, la capitale del
blues. La sua sete di imparare ed apprendere la musica che lui amava, lo portano a ritrovare Bukka
White, cugino di sua madre e vero maestro della chitarra slide, poi a partecipare a un programma
radiofonico, ed infine ad esibirsi dal vivo in un night club. Inizia la carriera radiofonica alla KWEM
di West Memphis, e grazie a questo lavoro, inizia ad ampliare i suoi orizzonti e conoscenze
musicali, e nel frattempo suona quasi tutte le sere attorno a Memphis.
Il successo arriva con Three O’ Clock Blues, scritto da Lowell Fullson, che nel ’52 scala le
classifiche e si piazza in testa tra le canzoni di rhythm ‘n’ blues per ben tre mesi. Il suo pubblico
inizia a cambiare e la sua notorietà cresce, nel 1956 sono ben 342 le sue esibizioni live!
Inizia l’epoca delle tournèe sul suo Red Bus con la sua big band, che vive costantemente on the
road. E’ proprio con questo disco, Live at the Regal, che diventerà per sempre il Re del blues.
Il 21 novembre 1964 è il coronamento del suo cammino: al Regal Theater di Chicago il DJ Pervis
Spann lo presenta al pubblico come il più grande cantante blues, “the king of the blues”.
Sono queste le parole che introducono la prima traccia del disco, un vero grande standard del blues,
Everyday I Have The Blues. B.B King suona poche note, ma ogni nota pesa come un macigno, il
suo tocco è vibrante ed imponente. Sweet Little Angel è un blues straziante ed accorato, dove le urla
delle fan in delirio accompagnano il bluesman, It’s My Own Fault, scritto da John Lee Hooker è un
classico del genere. In How Can You Get, è la sua Lucille a urlare il suo dolore, mentre il brano che
chiude il lato A, Please Love Me è un trascinante e martellante blues veloce, dove chitarra e sax si
rispondono in maniera elegante.
Il lato B si apre con You Upset Me Baby, e B.B King lascia spazio all’orchestra e ai fiati, che mette
in mostra tutto il suo talento, Worry, Worry è un altro grande classico del blues, è il pezzo più lungo
del disco, dove il bluesman si diverte a raccontare le sue storie. Woke Up This Morning è briosa,
con il classico repertorio di autocommiserazioni che hanno fatto la storia di questo genere, un
omaggio sincero alle sue origini e al suo popolo. Stesso tema per You Done Lost Your Good Thing
Now. Help The Poor, con il suo richiamo samba, chiude il disco, e ci aiuta a capire i suoi buoni
propositi di bluesman, portatore di pace e amore tra i popoli.
Ascoltate la sua chitarra, la sua voce, il feel della sua band, ascoltate le urla delle fan e come
interagisce con il pubblico. Lui è “The King Of The Blues”.

CRISTIANO SACCHI