Il più nero dei cantanti bianchi. La voce di Joe Cocker è sporca, rauca come sarebbe quella di chi ha
passato una vita intera a fumare e bere, sembra uscire da un amplificatore rotto in completa
distorsione. Joe Cocker la negritudine ce l’aveva nel sangue e sopratutto nella voce. La sua strana
postura mentre cantava, le braccia tese e immobili sui fianchi come fosse in preda ad una crisi
spastica, fanno di lui un interprete canoro tra i più amati al mondo.
Nato a Sheffield il 20 maggio 1944, muove i primi passi nella musica nel 1956 grazie al fratello
Vic, sedicenne, con cui fonda un gruppo skiffle, The Headlanders, ma fin da subito deve fare i conti
con la sua timidezza: si sente grasso ed in sovrappeso e questo non lo lasciava libero di esprimere il
suo talento al meglio. L’ incontro decisivo di quegli anni è con Phil Crookes, con cui incide le prime
registrazioni, poi una sera d’estate in giro con gli amici, ascolta per la prima volta What’d I Say di
Ray Charles, è l’inizio di una vera e propria mania. Nel 1960 con Crookes esordisce al Minerva
Tavern nel centro di Sheffield con i Vance Arnold and The Avengers. Nel ’63, hanno la loro prima
grande occasione: suonano al fianco dei Rolling Stones allo Sheffield City Hall, e subito la Decca si
accorge di loro, o meglio di Joe Cocker. Il 28 luglio incide il suo primo singolo, sul lato A I’ll Cry
Instead di Lennon/McCartney, mentre sul lato B incide una coraggiosa versione di Precious Words.
Il singolo sarà un flop, ma l’avventura ripartirà nel ’66 con l’arrivo di Chris Stainton. Il duo
(Cocker/Stainton) inizia a scrivere nuove composizioni, ed attira l’attenzione di Denny Cordell. Il
loro brano Marjorine esce come singolo il 22 marzo del ’68 e raggiunge la Top 50 britannica. Era
giunta l’ora di incidere un disco.
With a litte help from my friends è il suo album d’esordio, un debutto perfetto anche se le vendite
non gli daranno mai ragione: l’album si ferma al trentacinquesimo posto delle classifiche americane,
ottenendo un disco d’oro e passando quasi inosservato in Inghilterra. Questo primo lavoro
discografico è una perfetta sintesi di Joe Cocker degli anni ’68 e ’69.
Feeling Alright apre l’album, il suo sapore è californiano, riflette in pieno lo spirito di quel periodo,
segue Bye Bye Blackbird in cui risuona la chitarra di Jimmy Page e dove il soul è lo stile in cui la
sua voce ha terreno fertile per esprimersi e giocare con le sue sfumature “di colore”. Change In
Louise è il primo brano inedito del duo Cocker/Stainton, una song carica di emozioni e rafforzato
nel ritornello dal coro che le dona un sapore squisitamente soul, mentre Marjorine è il primo grande
successo della coppia, già apparso come singolo. Just Like A Woman, brano di Bob Dylan, viene
vestito di nuovo: un immenso e malinconico cantato, accompagnato da un organo hammond che
rimanda a sonorità pinkfloydiane.
Il lato B si apre con Do I Still Figure In Your Life?, sempre con l’inconfondibile organo di Steve
Winwood che disegna le ombre di un brano sognante e onirico, Sandpaper Cadillac è un altro
inedito, con un sapore completamente diverso dal mood del disco: un blues velatamente progressive
nei suoi cambi di tempo. Don’t Let Me Be Misunderstood, sembra perfetta per essere inserita in un
altro album d’esordio che proprio in quegli anni vedrà la luce: In The Court Of The Crimson King.
Chissà se la sonorità di questo pezzo avranno ispirato Robert Fripp e Co. With A Little Help From
My Friends è la title track, completamente stravolta: diventa un walzer carico di pathos, il è vero
capolavoro dell’album, e il telegramma di John e Paul indirizzato al cantante ne è la conferma:
“Grazie Joe, hai fatto persino troppo”. L’album si chiude con I Shall Be Released brano cover di
Bob Dylan, che Joe rende unico ed intenso, con una espressività senza pari.
Questo è un disco unico, una vera gemma, che conserva intatta tutta la sua energia, e a cinquant’anni
di distanza riesce ancora ed emozionare arrivando dritto alle orecchie e al cuore di chi lo ascolta.
Una vera pietra miliare del rock, perchè con un piccolo aiuto dalle persone che credono in te, si può
arrivare dappertutto.

CRISTIANO SACCHI