di CRISTIANO SACCHI

A Hard Road nasce in un periodo storico unico ed irripetibile: il blues nero incontra il rock bianco. La musica dei neri d’America entra definitivamente nelle nostre case, si unisce alla voce e alla musica dei bianchi e da questo momento inizieranno un lungo cammino destinato a durare ancora oggi. John Mayall è colui a cui si deve tutta questa “transumanza”, è il pastore che ha guidato questa grande rivoluzione culturale, politica e sociale.
Nato a Macclesfield nel 1933, John Mayall cresce all’ombra di un padre appassionato di chitarra e dischi jazz, all’età di 14 anni sa già suonare la chitarra e l’ukulele e lo step successivo è il piano forte che impara ascoltando i dischi di boogie, e subito dopo, grazie a Little Walter e Sonny Boy Williamson, imparerà anche a suonare l’armonica. Nel 1949 si diploma alla Manchester School of Art, ed inizia ad esibirsi nei jazz club. Parte per il servizio di leva, e di ritorno a Manchester riprende subito gli studi e le esibizioni live e fonda il suo primo gruppo jazz, The Powerhouse Four.
Dopo il 1958, fonda i Blues Syndicate, ma qualche anno più tardi si trasferisce a Londra. La spinta creativa che riceverà dalla capitale londinese sarà impressionante: rifonda la sua band con nuovi collaboratori e la chiamerà Bluesbreakers. E’ il 1963, e finalmente Mayall realizza il suo sogno: la British revolution è appena iniziata.
A Hard Road è il terzo album della band di Mayall, uscito nei primi mesi del ’67, lascerà un segno ancora più profondo del precedente, divenendo una matrice sulla cui base nasceranno negli anni a venire decine di gruppi di British blues.
Il disco si apre con la title track A Hard Road, slow blues puro, che scava fino alle radici della musica dei neri d’America, facendo subito capire al pubblico quali sono le intenzioni del bluesman inglese. It’s Over, il secondo brano, è uno shuffle blues dove organo e armonica dialogano alla perfezione tra le pause lasciate dalla voce di Mayall, You Don’t Love Me è un frizzante blues con elementi beat inglesi, un melange ben riuscito. The Stumble, blues strumentale, dove la chitarra di Peter Green è fondamentale e preziosa, Another Kinda Love è un insolito blues scritto da Mayall con una figurazione di batteria molto particolare che conferisce al brano originalità, Hit The Higway strizza l’occhio al boogie blues degli anni ’30, con il suo Honky tonk piano indemoniato. Il lato A si chiude con Leaping Christine blues veloce con una armonica nervosa e cattiva.
Dust My Blues apre il lato B, ed è il pezzo simbolo di Elmore James, il suo riff slide, qui volutamente lasciato, ha fatto da scuola ad intere generazioni, There’s Always Work è un semplice intermezzo strumentale con armonica che fa da ponte al primo contributo firmato da Peter Green nel disco, The Same Way. Ma è il seguente brano, The Supernatural, sempre scritto da Green, ad essere uno degli strumentali più apprezzati dai fan dei Bluesbreakers. Top of the Hill porta la firma di Mayall, e subito l’atmosfera torna più nera e blues. Someday After a While (You’ll Be Sorry), è un prezioso slow blues con tanto di sezione fiati che fa da tappeto armonico a tutto il brano. Il disco si chiude con Living Alone brano che usa degli accordi cari al jazz.
“John Mayall è stato l’università della musica per un sacco di musicisti, un’incredibile scuola per tutti noi!”. (Eric Clapton)