di CRISTIANO SACCHI

Un’pò di blues, jazz, rock, sono questi gli ingredienti che puoi sentire nelle note, negli accordi, nel groove di Robben Ford. Musicista difficile da definire e da etichettare, il suo stile è semplicemente Robben Ford, unico nella propria versatilità e fantasia. Nato a Woodlake nel 1951 già con la musica nel sangue grazie ai genitori entrambi musicisti, a tredici anni viene folgorato dal sound di Mike Bloomfield sui dischi della Paul Butterfield Band. Le prime esperienze musicali sono i locali di San Francisco anni ’60, dove suonano Jimi Hendrix, Cream, Led Zeppelin, Albert e B.B. King. Nella sua testa ci sono anche influenze jazz di Paul Desmond e del Dave Brubeck Quartet, Ornette Coleman, Wayne Shorter e Miles Davis, è naturale quindi che il suo stile rifletta questa miscellanea di influenze. Con i genitori e i fratelli mette su un gruppo, che negli anni ’70 si farà chiamare Charles Ford Blues Band, ma il tempo di arrivare ad incidere il disco omonimo, la band nel ’71 si scioglie. Nel 1972, Jimmy Whiterspoon prende Robben Ford sotto la sua ala, viene subito notato da Tom Scott, sassofonista jazz-fusion nel pieno della collaborazione con Joni Mitchell, così nel ’74 partecipa alla registrazioni di due album della Mitchell, Miles Of Aisles e The Hissing Of Summer Lawns. Sempre nel 1974, George Harrison lo vuole con lui per il tour dell’album Dark Horses, ma Robben ha in mente altro. Dopo un periodo di pausa, incide il suo primo lavoro solista The Inside Story. Miles Davis ascolta il lavoro che Robben fa con gli Yellowjackets, e subito lo vuole nella sua band, anche se per pochi mesi. E’ la consacrazione definitiva di un musicista che ormai ha tutte le carte in regola per lasciare il suo segno nella storia della musica. Forte della sue esperienza sopratutto in ambito pop, decide di approfondire non solo la musica strumentale, ma anche i testi e le storie nelle canzoni, e tutto questo lo possiamo trovare in Talk To Your Daughter, album che gli apre le porte di un successo che lo porterà a fare quel salto di qualità che da sempre cercava. Il blues è la chiave di questo disco, il vecchio twelve bar blues, che Robben Ford sa vestire di nuovo, è come tornare cento anni indietro, ma con i suoni ed un fraseggio completamente nuovi, in linea con il suo tempo. La title track Talk To Your Daughter, che apre il disco, ne è un esempio lampante, puro blues vecchio stile. Wild About You è trascinante, gli stacchi dei fiati e gli intermezzi della chitarra la rendono incandescente, Help The Poor di B.B. King, è riletto in chiave funk, ed il basso richiama ad un riff di Micheal Jackson. Ain’t Got Nothin’ But The Blues, altro brano icona del blues, viene impreziosito dagli interventi di Robben e da una tastiera mai banale, Born Under Bad Sign è un caposaldo blues rock che chiude il lato A. Il lato B si apre con I Got Over It, che nelle sue mani diventa un rock-blues contagioso, Revelation brano strumentale, dove tutti i suoni anni ’80 escono allo scoperto, è un pezzo gradevole che fa da raccordo alla sua prima composizione, Gateway che strizza l’occhio alla fusion, ma che non abbandona mai il blues. Il disco si chiude con un altra sua composizione Can’t Let Her Go, forse il pezzo più aggressivo di tutto il disco. Con questo disco Robben Ford ha avuto la sua prima nomination ai Grammy Awards, entrando così in una nuova fase della sua carriera.