ROMA – Tre uomini, tre volti, tre storie, tre chitarre. Come i tre moschettieri, Albert Collins, Johnny Copeland, Robert Cray, in questo album sono uno per tutti, tutti per uno. Tutto in questo disco, ha il sapore della leggenda: gli artisti, la copertina, la casa discografica, ci sono tutti gli ingredienti necessari per passare alla storia. I due vecchi leoni del Texas blues, Albert Collins e Johnny Copeland, sono nel pieno della loro maturità artistica, Robert Cray in quel periodo è l’astro nascente del blues americano, che di lì a poco si confermerà sulla scena mondiale. Showdown! è quindi l’alleanza tra generazioni a confronto, dove il blues scorre nel DNA di ognuno di loro. Come bravi fratelli, nessuno cerca di primeggiare, anzi, si dividono equamente le parti di chitarra, cercando di arricchire con le loro personalità i brani dell’altro. In tutto il disco si può percepire il loro entusiasmo: già dal brano di apertura, T-Bone Shuffle, che rende omaggio al padre del blues elettrico texano T-Bone Walker, i tre con le loro chitarre sono complementari l’uno all’altro, sono come un puzzle sonoro che fanno battere il piede da inizio a fine. The Moon is Full è un sensuale blues dalle venature funk, mentre Lion’s Dead è un R&B scatenato, reso graffiante dalla voce di Copeland. In She’s into Something,, i tre bluesman si divertono a destreggiarsi tra diversi ingredienti musicali, mentre Bring Your Fine Self Home è un classico lento shuffle con tanto di armonica suonata da Collins. Il lato B si apre con Black Cat Bone, dove Collins e Copeland rendono ancora omaggio al loro conterraneo, il brano, è forse il più interessante dal punto di vista di intreccio contrappuntistico delle chitarre. The Dream, grazie al suono soffice e velato dell’hammond, è un vero pezzo sognante come promesso dal titolo della canzone. Albert’ s Alley, è jam session allo stato puro, dove i tre si sbizzarriscono in tutta la loro fantasia, mentre Blackjack è un brano di Ray Charles, che trasformano in un altro terzetto di chitarre da favola. L’ album, nel 1986 vince il Grammy Awards come miglior disco blues tradizionale. Degna di nota, è la copertina, frutto del designer e fotografo Chris Garland, che ha cercato di interpretare a suo modo l’incontro tra diverse generazioni di blues, usando un tocco glam e fluo, tipico di quegli anni. Di certo è una copertina poco convenzionale per un disco blues tradizionale, ma è figlia del suo tempo e noi la accettiamo e amiamo così. Il Blues è anche questo: un vecchio padre che accoglie indiscriminatamente, tutte le mode e generi musicali del momento, sempre pronto a sperimentare e a rinnovarsi.
CRISTIANO SACCHI
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