By / 18 Novembre 2022

DISCHI BLUES DA SCOPRIRE The Blues Brothers (Atlantic, 1980)

di CRISTIANO SACCHI E’ questo il tributo più vero e sincero fatto dai bianchi per il blues. E’ un tributo, che…

di CRISTIANO SACCHI

E’ questo il tributo più vero e sincero fatto dai bianchi per il blues. E’ un tributo, che parte però da molto lontano: dal lavoro di ricerca fatto negli anni ’20 del novecento da Alan Lomax e suo padre John A. Lomax, che in uno storico viaggio si spinsero fino ai recessi del profondo Sud statunitense figlio della grande depressione e del New Deal, per registrare suoni, musica e cultura delle popolazioni viventi in quelle sperdute zone, con grande attenzione, per la prima volta, ai discendenti degli schiavi deportati dall’Africa. E’ una storia, che poi, passa anche per il periodo detto “risorgimento del blues” degli anni sessanta e settanta, grazie alla british invasion e di conseguenza quindi, la riscoperta di molti cantanti e artisti ormai da tempo dimenticati. The Blues Brothers non è solo un musical: è un revival immaginifico della migliore Chicago blues, una città senza tempo dove convivono e cantano assieme ragazzi e persone di ogni genere. Ma è anche uno dei primi film dalla comicità assurda, demenziale e irriverente, surreale e postmoderna, ancora oggi attualissima. I “fratelli del blues” sono John Belushi, nato a Chicago nel 1949, dove la sua vita è quella di un qualunque ragazzo americano, bravo a scuola e nello sport, fino a quando i suoi interessi si spostano alla commedia e al teatro. Durante gli anni dell’Università la sua immagine si rivoluziona: si fa crescere i capelli e indossa i simboli della pace, diventando anche attivista del movimento contro la guerra in Vietnam. E’ in questi anni che fonda la sua prima compagnia teatrale, la West Compass Service. Si trasferisce a New York con la sua compagna Judy Jacklin, e lavoreranno con grande successo per il National Lampoon. Nel ’74 diventa autore e poi direttore creativo, mentre nel ’75 arriva il passaggio in televisione al Saturday Night Live, che lo renderà famoso in tutta l’America per la sua comicità irriverente e surreale. L’amore per il blues e il progetto di dare vita ai Blues Brothers maturano in lui alla fine degli anni ’70, sotto l’influenza dell’armonicista e cantante Curtis Salgado, che incontra insieme all’amico Dan Aykroyd, attore, musicista, commediografo e scrittore canadese. Nato a Ottawa il 1° luglio del 1952, studia criminologia all’Università di Carleton, in Canada, che abbandona però prima di poterla finire per fare l’attore, inizialmente in alcuni nightclub, poi nella compagnia teatrale Second City di Toronto, fino ad entrare anche lui in televisione con il Saturday Night Live nel ’75. La sua prima apparizione cinematografica di rilievo avviene nel 1979 al fianco, proprio di John Belushi nel film 1941 – Allarme a Hollywood. Pellicola a parte, il vero fulcro di questa operazione è la colonna sonora, che nel 1980 finisce in un LP destinato a entrare nella storia. La scelta dei brani è originale, semplice ma maledettamente funzionale, è una scaletta di brani mai messi insieme da nessuna band sul nostro pianeta. Il disco si apre con il brano She Caught The Katy: country blues dove i fiati impreziosiscono il pezzo con il loro travolgente lavoro, Peter Gunn Theme è il secondo brano: un anomalo rockabilly, sostenuto da sottofondi thriller e un sassofono unico nel suo genere. Gimme Some Lovin’ è la perla degli Spencer David Group, brano immortale e iconico del rock blues, Shake A Tail Feather è cantata da Ray Charles, ripresa molte volte da diversi artisti, è un twist che ti prende dalle prime note. Everybody Needs Somebody To Love, nel ’64 è stata lanciata verso un successo planetario dai Rolling Stones, mentre The Old Landmark cantata da James Brown chiude la prima facciata con il suo inconfondibile stile gospel. Il lato B apre con il botto: Think, cantata da Aretha Franklin è pura magia, Theme From Rawhide è invece la sigla di successo dell’omonima serie televisiva western in onda sulla CBS dal ’59 al ’66, Minnie The Moocher ci trascina invece, direttamente dentro le atmosfere degli anni ’30, quando Cab Calloway la cantava nei cartoni animati di Betty Boop. Sweet Home Chicago è il cuore del disco, un classico del blues firmato da Robert Johnson, un vero e proprio inno della capitale del blues. Il disco si chiude in bellezza con Jailhouse Rock, popolarissima hit inclusa al 67° posto delle 500 migliori canzoni di ogni tempo dalla rivista Rolling Stone. Il blues non è mai stato così cinematografico come in questo film, e forse mai più lo sarà a questi livelli.


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