Il calcio ha fatto scandalo per il varo inopinato e anche un po’ fraudolento della
Superlega. L’inaudito è entrato nello sport ma a chi è scarso di memoria è bene
ricordare che sport molto meno legati al business del calcio avevano già corrotto lo
schema tradizionale insediando ex abrupto una nuova manifestazione in luogo
dell’abituale Coppa dei Campioni che dir si voglia. Il basket aveva sovvertito l’ordine
consolidato con il varo dell’Eurolega, ingresso riservato a club privilegiati. Con ogni
probabilità i più forti d’Europa ma senza alcun controllo visto che da questa elite si e
entra solo per acquisizioni complesse sportive ma soprattutto fornendo le dovute
garanzie economiche. Basti pensare che non vi ha fatto ingresso la Reyer Venezia
campione d’Italia e anche la meritevole squadra di Bologna da anni pena per trovare
un posto al sole. In compenso Milano non è mai uscita dal giro pur raccattando, con
la lodevole eccezione di questa stagione, precedenti modesti, talvolta imbarazzanti,
sconfitte in serie e perdita di prestigio. Tutto il mondo dello sport è Paese. Perché
anche il rugby ha abdicato ai format tradizionali. Ditemi quanto vale una finale di
campionato italiano tra Padova e Rovigo quando in queste due squadre
praticamente non milita un solo giocatore della nazionale. I due superclub italici-. le
Zebre e i Leoni- si sono sottomessi al calendario della palla ovale più evoluta.
Spendendo un’infinità di milioni e con scarsissimi risultati. Covando nulla che
potesse far realmente progredire il rugby azzurro. Facile riconoscere che queste due
squadre, infarcite di stranieri e di oriundi, sono notevolmente più forti della
nazionale italiana regolarmente maltratta nel sei Nazioni. Dunque calcio ad
imitazione di basket e rugby dando esempio di merito trascurato, di prorompente
forza del business, a volte di una spietata arroganza imprenditoriale. Il sistema
calcio, a differenza delle altre discipline, ha retto e ora si attendono i provvedimenti
punitivi nei confronti degli autori del golpe: italiani e spagnoli.

DANIELE POTO