ROMA – Tutta la aspettavano in religioso silenzio, ora la notizia è ufficiale: saranno di nuovo il serbo Djokovic, 1 del ranking, e lo spagnolo Nadal, 2, a contendersi lo scettro di Re del Foro Italico, nella loro quinta finale al Foro Italico (2-2 lo score) nonché 54° capitolo della loro sfida personale, la rivalità con più incontri dell’era Open (conduce Djokovic 28-25). I due ci arrivano in maniera assai differente sia in termini di risultati (Djokovic ha appena vinto Madrid, Nadal per la prima volta in carriera si è presentato a Roma senza ancora aver alzato un trofeo) sia in termini di energie spese (Nadal schiacciasassi non ha mai perso un set, il serbo più di cinque ore in campo in meno di 24 ore). E partiamo proprio dal numero 1 del mondo che ha fatto fuori la squadra di Davis argentina, prima Del Potro (annullando due match point) poi Schwartzman, alla prima semifinale in carriera in un  Masters 1000. Il match è stato duro. Prima frazione all’insegna dell’equilibrio sino al fatidico settimo gioco: una palla break a disposizione di Djokovic vale il primo set per il serbo che voleva chiudere rapidamente il match dopo le oltre tre ore della nottata precedente contro Del Potro. Ma questi argentini, che siano quasi due metri o 170 cm, sono duri a morire. Così Schwartzman ha dimostrato tutta la sua eccellente condizione fisica che gli ha permesso di issarsi sino alle semifinali (facendo fuori Berrettini e soprattutto Nishikori) ed ha martellato ai fianchi il numero 1 del mondo, adottando la tattica Cecchinato (palle corte a iosa) per uscire dalla morsa del braccio di ferro da fondo campo. Ed ha sortito effetto perché il sudamericano, dopo l’allungo sul 4-2, è andato a servire per il set sul 5-3 trovandosi 4 volte a 2 punti dal set nel prosieguo. Djokovic ha retto botta sino al tie-break dove alcuni suoi errori di rovescio hanno spianato la strada a Schwartzman. Sul punteggio di un set pari si poteva pensare ad un calo del serbo, invece la sua determinazione è stata impressionante, al contrario la pressione dell’argentino è andata scemando cosicché il numero 1 del mondo ha potuto breakkare al sesto game il suo avversario che, con un dritto in rete al nono gioco (e dopo oltre 2 ore e 30 di gioco), ha sancito il passaggio del turno del tennista serbo, alla decima vittoria nelle ultime undici partite. Ma il Nadal visto all’opera in questi giorni è su livelli celestiali. Nadal che attacca, che scende sotto rete e si apre il campo col dritto arrotato per concludere il punto con lo smash (tre volte nel primo gioco!), Nadal che tira passanti da tre metri dietro la linea di fondo campo, Nadal che fa il pugno e lancia l’urlo della vittoria vendicando la sconfitta della settimana scorsa; il vasto campionario mostrato dal campione maiorchino è stato impressionante, per intensità di gioco e freschezza atletica. Il Nadal migliore della stagione (per la prima volta in carriera arrivato al Foro Italico senza titoli annuali sulla in carniere ma solo tre semifinali sulla terra, una sul veloce più la finale degli Australian Open) ha distrutto il giovane 20enne greco Tsitsipas che proprio a Madrid avevo estromesso lo spagnolo dalla finale. Il colpo del match quasi a freddo, dopo pochi punti, quando Nadal, in allungo di dritto, col polso sinistro, passava l’incredulo giovanotto conquistando il primo break dell’incontro. E decisivo per il set poiché Nadal salvava il suo secondo turno di servizio da due pericolose palle del controbreak e non concedeva più alcuna  opportunità al 20enne ellenico, anzi alla prima possibilità l’iberico portava a casa la prima frazione per 6/4. Set fotocopia il secondo; Nadal, al terzo gioco, breakkava Tsitsipas nel game più lungo dell’incontro e poi lasciava solo due punti all’avversario in quattro turni di battuta. Insomma, una superiorità schiacciante quella del mancino di Manacor che, quando pare fiutare l’odore del Roland Garros (da lui conquistato 11 volte di seguito) nelle vicinanze, diventa imbufalito come un toro che vede rosso. A Roma, dove è defending champion, Nadal ha rifilato tre 6/0 nei precedenti turni contro altrettanti avversari (il francese Chardy, il georgiano Basilashvili e lo spagnolo Verdasco). Per il campione iberico è la 50esima finale in un “1000”, dove sono 33 i titoli messi in bacheca, e la finale numero 118 in carriera, con 80 trofei messi fin qui in bacheca. Numeri da capogiro. Da entrambe le parti.

Andrea Curti