Al Foro Italico è passato Babbo Natale con un sacco di notizie. La prima, forse la più bella, è che i tennisti non saranno più soli. Infatti, grazie all’intervento del ministro dello Sport e delle Politiche giovanili Vincenzo Spadafora, le porte degli Internazionali d’Italia si apriranno per 1.000 spettatori a sessione in occasione delle semifinali e delle finali; domenica prima sessione alle ore 12, seconda alle 18. E’ già qualcosa, nonostante tutto. Poi c’è Matteo Berrettini, romano del Nuovo Salario, in piena corsa se non per vincere il torneo (Djokovic e Nadal sembrano inavvicinabili per chiunque) almeno per arrivare in semifinale. Non capita tutti gli anni di avere un italiano nei quarti di finale, quindi il ragazzone capitolino è stato bravo a giungere nei migliori otto, al di là degli avversari battuti. “E i derby sono sempre difficili, c’è un po’ più di tensione in campo”, ha spiegato Berrettini. In effetti contro l’ascolano Travaglia il tennista romano ha sudato parecchio, due ore di gioco complessive e due tie-break, “ed è lì che ho giocato meglio. Conosco bene Stefano, gioca simile a me, buon servizio, buon diritto e soprattutto si muove meglio, gli faccio i complimenti”. Il tabellino statistico della partita riporta stesso numero di vincenti ed errori (17 e 28) per entrambi, segno dell’equilibrio in campo e di quanto Travaglia abbia giocato alla pari col numero 8 del mondo. L’onore delle armi all’avversario poi la mente al suo quarto di finale contro il 21enne Casper Ruud, figlio d’arte (il miglior risultato di un tennista norvegese ad un Master 1000 è proprio del padre Christian, quarto a Montecarlo 1997): “L’ho visto giocare contro Sonego e in America, è un osso duro”. I precedenti sono 1 pari: Roland Garros 2019, terra rossa, vittoria dello scandinavo in tre set; Us Open 2020, lo scorso mese, affermazione in tre set dell’azzurro. Le porte delle semifinali e del pubblico, 13 anni dopo Volandri, non appaiono così chiuse per Berrettini. Che è l’ultimo baluardo azzurro perché gli altri sono caduti tutti, rovinosamente. I diciottenni Sinner e Musetti non ce l’hanno fatta a continuare il loro sogno e le maggiori recriminazioni le ha il primo che ha fatto match pari con il forte bulgaro Dimitrov, 22 del mondo contro l’81 dell’altoatesino. Dopo aver vinto il primo parziale per 6/4, così come nel primo set il ragazzo italiano si è trovato avanti di un break a zero in apertura di seconda partita, ma ha ceduto subito il servizio e Dimitrov, che non è falloso come Tsitsipas, non gli ha concesso più nulla o quasi. Anzi nella terza e decisiva frazione, il bulgaro si è issato 3-1, 5-2, andando a servire per il match ma qui Sinner non si è arreso ed ha controbreakkato l’avversario. Sinner ha avuto una palla del 5 pari ma Dimitrov, alla quinta opportunità, usufruendo di un incredibile smash scagliato in rete dell’azzurro, ha strappato di nuovo il servizio e ha mandato a casa il pivellino altoatesino. A proposito di pivellini: Musetti non ne aveva più dopo aver eliminato Wawrinka e Nishikori ed ha finito per soccombere di fronte a quella roccia del mancino tedesco Koepfer, qualificato come lui ma fisicamente una bestia, straripante in termini di forma atletica. Musetti ha inseguito da subito il suo avversario cedendo il servizio nel terzo gioco del primo set, poi ha tentato di rientrare in partita ma ha sciupato due palle del controbreak nel sesto gioco e una nel decimo game, quello che ha di fatto sancito la sconfitta del giovane toscano. Nei momenti decisivi del primo set (palla del 4-2 e possibile 5 pari) Koepfer è stato non solo solido da fondocampo ma ha utilizzato il serve and volley per sorprendere Musetti, e la sua incredulità a fine partita (miglior risultato in carriera) la dice lunga su cosa si aspettasse da questo match. Per Musetti e Sinner una bella occasione sprecata a metà, comunque hanno fatto un buon torneo, non c’è dubbio, ma parlare di fenomeni è presto. Fenomeni erano Becker (che vinse Wimbledon a 17 anni) e Chang (Roland Garros 1989), quando i nostri arriveranno lassù allora parleremo di altro. Per ora accontentiamoci del miglioramento della loro classifica e non esaltiamoli, lasciamoli tranquilli di maturare, ne hanno di strada da fare. Infine, una notizia che rattrista. Daria Kasatkina, bella e sfortunata. La ragazza russa, per cercare di recuperare una pallacorta della Azarenka, finalista agli US Open e unico motivo reale di interesse per cui vedere il torneo femminile (orfano della Osaka, di Serena Williams e della Barthy, giusto per citarne qualcuna), è scivolata cadendo rovinosamente a causa del cedimento della caviglia. Dolore immane e addio Roma. Ma auguri ragazza, ti aspettiamo presto in campo.

Andrea Curti