E dopo una vittoria a Torino che alla fine del primo tempo sembrava impossibile preconizzare anche al romanziere più fantasioso e visionario, la Lazio si approccia alla partita contro la Fiorentina col morale alto e problemi di formazione, legati a squalifiche e infortuni, ma soprattutto alla necessità di fare turn over da parte di Mister Sarri, che dovrà studiare bene come affrontare a stretto giro e nell’ordine: Fiorentina fuori casa, Milan in casa e il ritorno di coppa a Monaco di Baviera. Una partita quest’ultima che al di là delle previsioni di molti e delle agenzie di scommesse che all’andata la davano per spacciata, la Lazio affronterà forte di un goal all’attivo con l’ambizione concreta e potenzialmente fattibile di poter passare il turno e approcciare dopo ben 24 anni ai quarti di Champions. Infatti, la prima e ultima volta che i capitolini disputarono i quarti era stato con il Valencia sotto la presidenza Cragnotti; con gli iberici ad aggiudicarsi il passaggio alla semifinale col risultato in casa di 5 goal a 2 e allo Stadio Olimpico di una rete a zero per la Lazio, alla quale una sola marcatura non fu sufficiente. E parliamo di un Valencia che nel 2000 era più stellare più della Lazio di Nesta, Nevdev, Salas, Veron e compagnia non bella ma senz’altro straordinaria e meravigliosa – che in quegli anni dal 1999 al 2002 era al vertice del ranking europeo della Uefa – e nel 2000, arrivò a disputare la finale di Champions contro il Real Madrid che se l’aggiudicò, mettendo in bacheca la sua ottava coppa dalle “orecchie grandi”.
Stefano Lesti
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