DANIELE POTO

Un fenomeno curioso è la scissione divergente tra il pensiero dell’opinione pubblica e quello riflesso dalla grande stampa. Sul primo versante i partiti che hanno firmato l’accordo Governo (Movimento e Cinque Stelle) raccolgono un 65% globale di consensi. Come dire che due italiani su tre si riconoscono su quella linea, a dispetto del contrasto operato sul secondo versante. Tutti i grandi “giornaloni” sono schierati contro le novità di Governo, ne contestano le modalità e l’approssimazione. La metafora della contestazione negli articoli di Sabino Cassese, gran bojardo di Stato, 82enne che ne ha viste di tutti i colori nelle varie fasi della Repubblica, rimanendo sempre saldamente in sella sulle rotte del potere. Quale il profilo dell’italiano che appoggia il Governo? Si tratta di un italiano non necessariamente razzista ma che è stufo di veder circolare sul territorio 600.000 migranti senza arte né parte, generazione accavallatesi nell’ex Belpaese, radicate a medio termine per l’inerzia dei precedenti Governi. Il profilo sociologico è quello di un italiano disilluso, a tratti rancoroso che appoggia anche la legittima difesa e l’uso delle armi per evitare rapine e sequestri. Migranti e sicurezza sono le emergenze nazionali? Diremmo proprio di no constatando le cifre, il netto calo di sbarchi e anche la diminuzione dei reati sul territorio. Ma Salvini porta l’attualità sugli slogan che più si confanno e vince strepitosamente perché non c’è opposizione che possa contrastarlo. Sul tema dei migranti il Pd tace, forse conscio che “il lavoro sporco qualcuno deve pur farlo” e che in fondo quello che succede non è che la prosecuzione dell’input di Minniti. Non c’è più un’idea di sinistra a contrastarlo. E indossare le magliette rosse è un piccolo ma non concreto gesto di utopia. Sul tema della diseguaglianza la copertura è assicurata da Di Maio. Dunque con un colpo al cerchio e una alla botte la compagine sembra tenere, alla faccia di tutti i gufi che le pronosticavano breve vita. Non saranno i congiuntivi sbagliati e le uscite temerarie di un Casalino a far cadere un Governo che non ha traballato neanche di fronte alla prospettiva della restituzione di 49 milioni, un forte vulnus per la Lega.