Il dramma della durata
Mentre si avvicina inesorabile la data delle elezioni, assistiamo allo psicodramma dei tanti
parlamentari che non saranno rieletti, per calo dei consensi, per modifica della composizione delle
Camere o perché il proprio statuto non lo prevede: così almeno i tanti membri di un noto
movimento politico che, pur nascendo senza classe dirigente, si trovano costretti ad abbandonare
lo scranno o poltrona che dir si voglia, specialmente quelli che avevano fatto un po’ di esperienza.
Ma sono anche altre le durate che prevedono preoccupazioni e ripercussioni sulla Penisola, e non
solo.
Ad esempio il Presidente Mattarella, deluso dai capricci che hanno portato alla conclusione
prematura della legislatura, guidata da un esecutivo di unità nazionale, importante non tanto per il
valore politico espresso, ma quanto per le problematiche che si sono dovute affrontare:
dell’epocale e drammatica pandemia, al caldo torrido aggravato dagli incendi e, soprattutto, alla
guerra in Ucraina, con le sue pesantissime ripercussioni energetiche ed economiche.
Tale situazione ha obbligato il Capo dello Stato a indire elezioni anticipate il 25 settembre,
qualcosa di mai vissuto dalla nostra Repubblica, che ha infatti sperimentato una strana e quasi
paradossale campagna elettorale, vissuta in piena estate e che si conclude oggi, venerdì 23, in
pratica due giorni dopo l’equinozio d’autunno.
A questo punto, tramite libere votazioni democratiche sarà eletto un nuovo Parlamento, che
svilupperà una nuova maggioranza. Questa, dopo i vari passaggi di rito tra cui la sfilata dei gruppi
parlamentari in visita al Presidente, esprimerà un nuovo Premier. Questa volta politico, che col
tradizionale e simbolico passaggio della campanella darà il suo saluto a Mario Draghi, da quel
momento concettualmente libero e a disposizione dello Stato.
Mattarella dal canto suo dopo questi passaggi, con l’entrata a pieno regime della nuova Legislatura
e del nuovo Esecutivo, probabilmente non avrà intenzione di superare il record di durata,
attualmente detenuto dal suo predecessore Giorgio Napolitano, primo Presidente ad essere
rieletto. Sono quindi possibili le sue dimissioni, lasciando dunque il suo importante incarico ad
un’espressione del nuovo Parlamento.
In tal caso questo si riunirà a camere unificate per eleggere il nuovo Capo dello Stato, anche se
con una pesante anomalia costituzionale di certo mai immaginata dai padri costituenti.
Infatti il rapporto di proporzione, quindi il valore del peso specifico, tra parlamentari e delegati
regionali è completamente cambiato, dando a questi secondi molta più importanza di quella
pensata alla nascita della Costituzione: se i delegati rimangono 58 (3 per ogni regione, 2 di
maggioranza e 1 di opposizione, ed 1 solo per la Val d’Aosta), i parlamentari invece diminuiscono
da 945 a 600, al netto dei pochi Senatori a Vita presenti, modificando a vista d’occhio l’incidenza
dei primi nell’importante momento decisionale.
L’attuale inquilino del Quirinale, nel verificarsi di questa ipotesi, andrà via comunque sereno.
Siamo certi sperando che il suo successore sia proprio Mario Draghi, lo stesso nome che in questa
strana estate ha avuto un forte endorsement anche dall’altra parte del Tevere, quando Papa
Francesco ha tessuto pubblicamente le lodi del nostro Premier uscente, descrivendone etica e
capacità.
Ma proprio in Vaticano esiste un altro problema di durata: infatti un argomento che capita sovente
nei discorsi di Papa Francesco è proprio la possibilità di una sua rinuncia al seggio papale, evento
un tempo impensabile ma non più adesso, dopo l’esperienza di Papa Benedetto XVI. Il problema è
che papa Bergoglio non può esercitare tale nuova possibilità, almeno finché sarà in vita Papa
Ratzinger: è infatti totalmente improbabile la possibilità di avere ben 3 Papi coesistenti.

In conclusione, se nell’attuale Parlamento ci si dispera per la fine della legislatura e per
l’impossibilità di molti alla rielezione, al di qua del Tevere, sul colle Quirinale, esiste l’ipotesi di una
data abbastanza certa per poter lasciare il seggio ad un degno successore. Nell’altra sponda, sul
colle Vaticano, al contrario bisognerà attendere un momento, tanto triste quanto indefinito, perché
si possa esercitare la stessa possibilità.

GIAN PIERO VENTURA MAZZUCA